Donna straniera si suicida in commissariato. Sospeso dirigente e indagati poliziotti!

Ucraina suicida, la Questura sospende Baffi
Il responsabile dell’immigrazione Carlo Baffi è in congedo ordinario. La decisione dopo il caso di Alina Bonar Diachuk, la donna che si è suicidata nel commissariato di Opicina

Da ieri mattina Carlo Baffi non è più responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste. È questa la prima conseguenza interna alla polizia del caso di Alina Bonar Diachuk, la donna ucraina detenuta arbitrariamente in una stanza chiusa a chiave all’interno del commissariato di Opicina che si è suicidata davanti all’obiettivo delle telecamere a circuito interno.

Baffi è ufficialmente in «congedo ordinario», vale a dire in ferie. Fino a quando? Non si sa. Perché come spiega, con un paradosso, il questore Giuseppe Padulano «tornerà quando deciderà di rientrare». Ma è evidente che si tratta del «congelamento» delle funzioni del dirigente finito nella bufera in attesa di inevitabili decisioni amministrative collegate alla vicenda per la quale è accusato di sequestro di persona e di omicidio colposo della giovane ucraina. Certo è che si tratta di congelamento delle funzioni che è stato anche interpretato come una sorta di rimozione dall’incarico.
E sempre da ieri al vertice dell’ufficio immigrazione della Questura è stato nominato temporaneamente Stefano Simonelli, responsabile del Gabinetto. È un fuzionario con una lunga esperienza passata negli anni scorsi nello stesso ufficio alla Questura di Gorizia.
«Il dottor Baffi si trova a casa a Trieste per cercare di definire al meglio la sua linea difensiva. Non lavora. Deve studiare gli atti che lo riguardano in vista delle inevitabili contestazioni da parte della procura», ha dichiarato il difensore Paolo Pacileo. Che nei giorni scorsi – come primo atto formale di questa inchesta difficile e spinosa – ha proposto un’istanza al Tribunale del riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale prelevato mercoledì dell’altra settimana a casa di Carlo Baffi. Si tratta di una decina di volumi dichiaratamente antisemiti: gli autori sono, tra gli altri Julius Streicher, Adolf Hitler e Julius Evola. Erano una minima parte di una biblioteca contenente non meno di 500 volumi in gran parte riconucibili all’ideologia nazifascista ma c’erano anche libri di autori di sinistra. Addirittura nel bagno della casa gli agenti e i finanzieri che hanno effettuato la perquisizione assieme al pm De Bortoli, hanno trovato un manifesto fascista e in una nicchia una copia del libro Mein Kamf. Tutto questo è stato fotografato e fa parte del fascicolo del magistrato inquirente. Nella scrivania di Baffi al terzo piano della Questura gli agenti durante la perquisizione avevano trovato una targa posticcia con una foto di Mussolini e la dicitura “Ufficio epurazione”.
Lo stesso pm Massimo De Bortoli ha indagato anche due poliziotti coinvolti nella vicenda. Si tratta dei due agenti in servizio al commissariato di Opicina che si trovavano impegnati nella vigilanza nelle ore in cui è stata illegittimamente detenuta Alina Bonar Diachuk. A loro vengono contestate le accuse di violata consegna e di omicidio colposo. L’avviso di garanzia è stato notificato l’altra mattina. Poche ore prima c’era stata una manifestazione di protesta.

http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2012/05/18/news/caso-alina-rimosso-il-dirigente-1.4662416

Suicidio nel «commissariato degli orrori»
In ferie il vicequestore delle polemiche
Carlo Baffi indagato per omicidio colposo e sequestro di persona dopo il suicidio di una donna

MILANO – L’hanno soprannominato il «Commissariato degli orrori». Dove, secondo l’accusa, un funzionario con nostalgie mussoliniane agiva indisturbato, ritenendo le norme sull’immigrazione «troppo morbide», tanto da trattenere gli stranieri, affermano i magistrati inquirenti, «senza titolo». Una linea dura, confermata dalla presenza nella sua tanto di un cartello fin troppo esplicito: «ufficio epurazione». E a fianco una foto di Benito Mussolini. In quel commissariato è morta una donna ucraina di 32 anni. Si è suicidata davanti alle telecamere di sicurezza. Carlo Baffi, vicequestore a Villa Opicina di Trieste, è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona. E, dopo diverse pressioni di una parte dell’opinione pubblica, è stato messo «in congedo». Ferie forzate in attesa che «venga fatta chiarezza», come spiega il questore di Trieste Giuseppe Padulano.
LA VICENDA- Le indagini del pm Massimo De Bortoli, partono proprio dal caso di Alina Diachuk e hanno scoperchiato una sorta di vaso di Pandora, come hanno raccontato Il Piccolo e Il Manifesto. La donna è stata prelevata da una volante all’uscita del carcere di Trieste, dove aveva finito di scontare nove mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ed era in attesa di espulsione. Il 14 aprile entra in commissariato. Non è in stato di fermo. Non ci sono ragioni note per cui debba essere lì. Due giorni dopo si gira il cordino della felpa intorno al collo e dopo 40 minuti di agonia muore davanti alle telecamere di sicurezza. Organizzazioni e comitati per i diritti civili protestano, accusano le forze dell’ordine. E cominciano a emergere particolari poco chiari. Chi aveva deciso il fermo e con quale autorità? Perché non è stata trasferita? Perché nessuno ha controllato la donna?

LA MAGISTRATURA – Domande a cui neanche Padulano vuole rispondere, «non voglio entrare nei particolari perché sta indagando la magistratura. Non sarebbe corretto da parte mia» . E ci tiene a sottolineare che «mai in nessun momento è mancata la nostra buona fede nell’adempimento del nostro dovere. E lo dimostrano gli attestati di stima che abbiamo ricevuto anche dalle comunità straniere». Le accuse per Baffi sono appunto omicidio colposo e sequestro di persona. Con lui sono stati indagati altre due persone. Durante le perquisizioni nell’ufficio di Baffi viene trovato la targa «Ufficio epurazione» e un ritratto di Benito Mussolini. Altro materiale antisemita è stato rinvenuto a casa sua. «Ha lavorato nella Digos per molto tempo, è normale ci siano volumi sia sull’estrema destra sia sull’estrema sinistra», spiega il suo avvocato. Ma a preoccupare di più sono quei fascicoli di immigrati e il sospetto che siano stati trattenuti nel commissariato senza una copertura giudiziaria. Si parla di almeno cinquanta casi. Il procuratore capo della Procura di Trieste Michele Dalla Costa ha detto di voler andare fino in fondo. Dalla questura, assicurano, «massima collaborazione»

http://www.corriere.it/cronache/12_maggio_17/trieste-commissario-baffi_90667ca4-a014-11e1-bef4-97346b368e73.shtml

Trieste, ucraina morta in questura. Dirigente cacciato, due agenti indagati
I poliziotti sono accusati di omicidio colposo e violata consegna: avrebbero dovuto sorvegliare la giovane, che aveva già tentato di togliersi la vita in carcere. Il vicequestore Baffi intanto, a capo dell’ufficio immigrazione, è stato messo in congedo

Nuovi risvolti sul caso della morte di Alina Diachuk, la 32enne ucraina trovata impiccata il 16 aprile a un termosifone della camera di sicurezza del commissariato di Villa Opicina di Trieste. Due poliziotti in servizio al commissariato sono indagati dal pm Massimo De Bortoli, che sta cercando di fare luce sulla vicenda, mentre il vicequestore Carlo Baffi, capo dell’ufficio immigrazione, è stato messo in congedo.

I due agenti sono accusati di omicidio colposo e violata consegna. I poliziotti avrebbero dovuto sorvegliare la giovane, che aveva già tentato di togliersi la vita in carcere, ma nonostante fossero anche coadiuvati da una telecamera di sicurezza non si sono accorti, nei 40 minuti di agonia della donna, di ciò che stava accadendo. Il materiale video è stato visionato dagli inquirenti; si vede chiaramente la donna che si stringe un laccio della felpa al collo e mette in atto l’intento suicida. A trovarla priva di vita altri due agenti dell’immigrazione che erano andati a prenderla per accompagnarla dal Giudice di pace. Il poliziotto in servizio di piantone secondo il regolamento, avrebbe dovuto verificare costantemente quello che accadeva all’interno della stanza dove era stata detenuta l’ucraina, mentre l’altro destinatario di un’informazione di garanzia quel giorno invece era uscito dalla caserma lasciando il collega. Ieri gli investigatori sono andati al commissariato di Opicina dove hanno notificato gli avvisi effettuando contestualmente le relative perquisizioni disposte dal pm De Bortoli.

Il vicequestore Carlo Baffi a capo dell’ufficio immigrazione, indagato sempre per la morte di Diachuck, per omicidio colposo e sequestro di persona, è stato invece messo in congedo dopo diverse pressioni dell’opinione pubblica, fra cui una manifestazione indetta da Occupy Trieste, Sel e Rifondazione comunista a cui hanno partecipato circa 200 persone. Paolo Pacileo, suo avvocato ha presentato un’istanza al Tribunale del Riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale prelevato mercoledì scorso a casa di Baffi. Si tratta di una decina di volumi dichiaratamente antisemiti: gli autori sono tra gli altri Julius Streicher, Adolf Hitler e Julius Evola. Gli agenti quel giorno avevano anche sequestrato, poco prima della perquisizione a casa, anche sei proiettili di pistola non denunciati e una copia della targhetta dell’Ufficio immigrazione delle dimensioni di un foglio protocollo. Sulla parte destra della targa posticcia, è inserita una foto di Mussolini. A sinistra si legge in caratteri simili a quelli usati nel Ventennio: “il dirigente dell’ufficio epurazione“. Proprio il ritrovamento di questa targa ha innescato la perquisizione dell’abitazione di Carlo Baffi.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/17/trieste-altri-poliziotti-indagati-morte-questura-giovane-ucraina/232863/

Trieste, muore a 32 anni in questura. Indagato dirigente della polizia
Inchiesta sul capo dell’ufficio immigrazione del capoluogo giuliano, accusato di omicidio colposo e sequestro di persona. La giovane, infatti, non doveva essere trattenuta in cella di sicurezza, ma accompagnata al Cie. Nell’ufficio del funzionario trovato anche il cartello “Ufficio epurazione” e una foto di Mussolini

Il capo dell’ufficio immigrazione di Trieste Carlo Baffi è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona per la morte di una donna di 32 anni avvenuta in una camera di sicurezza della polizia. Alina Bonar Diachuk era ucraina e aveva 32 anni: un mese fa era stata trovata con un cappio al collo al termosifone di una cella del commissariato di Villa Opicina, una frazione del capoluogo giuliano, dove era custodita da due giorni. Un episodio sul quale è stata aperta un’inchiesta della Procura che non solo si potrebbe estendere anche ad altri agenti della questura, ma anche ad altri aspetti: tra questi anche il cartello “Ufficio epurazione” attaccato all’interno dell’ufficio immigrazione e una foto di Benito Mussolini affissa nelle stesse stanze. Una storia raccontata dal Piccolo di Trieste e ripresa anche dal Manifesto.

La morte. Secondo i primi rilievi dei magistrati la Diachuk in realtà non doveva essere trattenuta in custodia dalla polizia. Era stata infatti accusata di favoreggiamento all’immigrazione e aveva patteggiato, così era tornata in libertà il 14 aprile: avrebbe dovuto essere trasferita nel Centro di identificazione ed espulsione di Bologna. Al contrario dopo la lettura della sentenza era stata sì prelevata da una pattuglia della polizia, ma trovata morta dopo due giorni nella camera di sicurezza. Sulla cella vigilava una telecamera di sicurezza ma per i 40 minuti di agonia della donna nessuno ha notato cosa stava accadendo (inoltre la ragazza aveva già tentato di togliersi la vita in carcere). Una serie di anomalie che ha spinto la magistratura ad aprire un’indagine.

Per capire qualcosa di più la Procura ha disposto la perquisizione degli uffici del commissariato e gli agenti si sono imbattuti nel cartello “Ufficio epurazione” e nella foto di Benito Mussolini. Ma non solo: nell’abitazione di Baffi sono stati trovati alcuni libri dal contenuto antisemita: “Come riconoscere e spiegare l’ebreo”, “La difesa della razza” di Julius Evola, “Mein Kampf” di Adolf Hitler, “La questione ebraica”. In Procura, al momento non intendono dare grande rilievo all’altro aspetto emerso durante le indagini, e cioè all’acquisizione di materiale di natura antisemita e di cartucce trovate in casa di Baffi durante una perquisizione. Materiale, quello documentale, giustificato da un sindacato di Polizia dal fatto che Baffi abbia lavorato anche alla Digos. “I rapporti con la Questura di Trieste – afferma Dalla Costa – sono sempre ottimi e collaborativi, tanto che il questore mi ha assegnato suo personale proprio per sviluppare questa indagine. Non c’è alcun ostruzionismo da parte della Questura”, ribadisce il capo della Procura.

Le indagini condotte dal pm Massimo De Bortoli devono verificare se in effetti la Diachuk fosse trattenuta in commissariato senza alcun titolo, se fosse chiusa a chiave dentro una stanza e se si sia trattato di un caso isolato, o, come ha confermato il procuratore capo Michele Dalla Costa, ci siano stati altri casi di stranieri trattenuti a Opicina senza alcun titolo. “Stiamo valutando decine di posizioni, a partire dal secondo semestre del 2011, per verificare se quello dell’ucraina sia stato un caso isolato o meno” conferma Dalla Costa.

Gruppi politici e realtà di movimento hanno indetto per oggi un presidio per protestare. Ci saranno, tra gli altri, Occupy Trieste, Sel e Rifondazione comunista.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/15/trieste-lufficio-immigrazione-rinominato-epurazione-dagli-agenti/230329/

Suicidio in commissariato
vicequestore “fascista” in congedo

«Se ci sono profili di illegittimità nella nostra azione, ce ne prenderemo la responsabilità. Ma non si dica che questa è la questura degli orrori, perché non è vero. E lo dimostrano gli attestati di stima che stiamo ricevendo in queste ore difficili». Giuseppe Padulano, questore di Trieste, con una lunga esperienza «sul campo» – è stato dirigente tra le altre cose della squadra mobile della stessa città e della polizia di frontiera – non si tira indietro di fronte alle domande sullo scandalo sollevato dall’inchiesta che vede coinvolto il dirigente dell’ufficio immigrazione, Carlo Baffi, indagato per sequestro di persona e omicidio colposo. Una ragazza ucraina, Bonar Diachuk, si è suicidata il 16 aprile scorso nei locali del commissariato di villa Opicina. Ne è scaturita un’indagine, condotta dal pm Massimo De Bortoli, che lascia intravedere una pratica sistematica di detenzioni illegali all’interno del commissariato, e un profilo del vicequestore Baffi a dir poco inquietante. A casa sua sono stati trovati vari testi antisemiti, dal classico Mein Kampf a «Come riconoscere un ebreo». Curiosità intellettuale? O, come ha detto l’Associazione nazionale dei funzionari di polizia, una normale libreria per chi ha lavorato nella Digos? Sarà, ma Baffi li leggeva all’ombra del busto e dei poster del Duce che sfoggiava come arredo.E si fosse limitato a farlo in privato. Il fermacarte del suo ufficio pare fosse un oggettino per amatori – sempre il Duce – ed è stata trovata una targa con su scritto «ufficio epurazione», invece di ufficio immigrazione. Nessuno l’ha mai vista? «Ma figurarsi se era appesa – dice il questore – posso assicurare che è stata trovata ben chiusa in un cassetto». E di Baffi, nessuno conosceva queste sue simpatie, forse non adatte a chi dirige un ufficio così delicato come quello dell’immigrazione? «I profili che sono emersi saranno oggetto di una attenta analisi interna», assicura il questore. Il vicequestore indagato al momento «è in congedo», e a dirigere l’ufficio è stato mandato il capo di gabinetto di Padulano. Come dire, un uomo di fiducia in un momento difficile perché, come si può immaginare, la vicenda ha scatenato un putiferio. Al di là del «personaggio» Baffi, il suicidio della ragazza ucraina sta portando alla luce un altro lato «oscuro» del commissariato. Alina aveva patteggiato una pena il 13 aprile, ed era stata scarcerata il 14, un sabato. Il suo avvocato le aveva spiegato che sarebbe stata lasciata libera anche se avrebbe ricevuto un decreto di espulsione perché nel fine settimana non ci sono i tempi tecnici per la sentenza del giudice di pace e il decreto prefettizio. Invece la ragazza è stata prelevata da una volante della polizia, portata in commissariato, e lì rinchiusa in attesa del lunedì. Uno zelo non richiesto, lesivo della libertà personale poiché per essere detenuti è necessario un vaglio giurisdizionale. Ora all’esame della Procura ci sono i fascicoli di altri 49 immigrati trattenuti negli ultimi sei mesi a villa Opicina. «Lavoriamo con grande fatica, abbiamo a che fare con leggi complicatissime sull’immigrazione, cerchiamo di fare del nostro meglio. E chi a Trieste lavora al fianco degli immigrati lo sa – si difende Padulano – ci siamo mossi sempre rispettando la dignità di tutti. Anche nel caso, molto complesso, della ragazza che si è suicidata. È la cosa che mi colpisce di più come persona. Se ci sono profili di illegittimità nel nostro comportamento, ci prenderemo la responsabilità. Ora vogliamo solo collaborare con la Procura. Sono sicuro che riusciremo a chiarire tutto».

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/7435/

Suicida in questura.
C’era la scritta “ufficio epurazione”

Sta assumendo aspetti più che inquietanti, anzi decisamente preoccupanti, la vicenda della morte di una giovane ucraina, Alina Bonar Diachuk. Alina, 32 anni, si è suicidata infilando il collo dentro un cappio che aveva appeso al termosifone della cella in cui era stata rinchiusa due giorni prima, nel commissariato di villa Opicina, a Trieste.

All’inizio la storia sembrava doversi risolvere in un triste caso di suicidio. Ma presto – anche grazie all’impegno dei giornali locali e dei mediattivisti – hanno cominciato ad emergere particolari poco chiari. Il primo: Alina non doveva essere lì. La ragazza, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, era stata scarcerata il 14 aprile dopo aver patteggiato. Che ci faceva allora, due giorni dopo, in una cella del commissariato? E che cosa era accaduto in quelle 48 ore? La ragazza dopo la sentenza era stata prelevata da una pattuglia della polizia, inviata da Carlo Baffi, capo dell’ufficio immigrazione e vicequestore. Secondo quanto ricostruito finora avrebbe dovuto essere trasferita nel Cie di Bologna. Fatto sta che dopo 48 ore era ancora a villa Opicina. Sulla stanza in cui era rinchiusa “vegliava” fissa una telecamera di sorveglianza. A quanto pare la ragazza dopo essersi stretta il cappio al collo, formato con il cordoncino della sua felpa, ha avuto un’agonia di 40 minuti: più di mezz’ora in cui nessuno ha dato uno sguardo alla telecamera. Cosa piuttosto grave, visto che la ragazza aveva già tentato il suicidio in carcere.

Da lì sono partite le indagini, condotte dal pubblico ministero Massimo De Bortoli con l’ausilio della polizia. Ed è stato subito chiaro che in quel Commissariato c’era qualcosa che non andava. Tanto che ora Baffi è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona.

Le perquisizioni nell’ufficio di Baffi hanno portato alla luce una realtà spaventosa: non solo altri fascicoli riguardanti immigrati che si sono sospetta erano stati detenuti nel tempo dentro al commissariato senza alcuna copertura giudiziaria. Ma un cartello con su scritto “ufficio epurazione” – invece di ufficio immigrazione – e un fermacarte di Mussolini.

Insomma, l’ufficio della questura era un vero “altarino” alla ideologia fascista. E di lì dovevano passare gli immigrati. Chissà se Alina sapeva dove era finita.

Lo stesso materiale è stato trovato anche a casa di Baffi. Incredibilmente, di fronte a questi dati di fatto che certo non rendono onore al dirigente di una questura, l’Associazione nazionale funzionari di polizia ha espresso “solidarietà” a Baffi. E ha invitato la stampa a non associarlo all’estrema destra, visto che a casa sua è stato trovato anche materiale di “estrema sinistra”. Probabilmente l’Associazione si riferisce al fatto che oltre a vari testi antisemiti (come i “classici” “Mein Kampf” e “La Difesa della razza”) è stato trovato anche il libro di Karl Marx “La questione ebraica”. Insomma, materiale di estrema sinistra…

Il procuratore capo della Procura di Trieste Michele Dalla Costa ha detto di voler andare fino in fondo, anche sulla questione degli stranieri detenuti illegalmente – senza un provvedimento amministrativo o penale – nelle stanze del commissariato. A quanto pare “sarebbero decine i casi riscontrati nello scorso mese di aprile”, ha detto al quotidiano Il Piccolo di Trieste Dalla Costa.

La vicenda si inserisce in un clima più generale, che ha già messo in allarme la comunità ebraica della città. Come il fatto che solo pochi giorni fa Paolo Polidori, consigliere regionale della Lega, durante il congresso del Carroccio aveva pronunciato un intervento smaccatamente antisemita: “La crisi – ha detto – è determinata dal potere finanziario mondiale, che è in mano a un sistema giudaico-massone”.

“Sono allibito e furibondo allo stesso tempo – commenta Roberto Antonaz, consigliere regionale di Rifondazione – perché i diritti delle persone vengono violati dagli alti dirigenti: Baffi è vicequestore. Il numero due della questura. Serve un’inchiesta che porti al totale rinnovamento della questura triestina. Perché dubito che l’orientamento del vicequestore non fosse noto a chi lavorava con lui”. Il gruppo di Rifondazione ha presentato un’interrogazione in regione sulla vicenda.

Stasera alle 17 è stata organizzata una manifestazione in piazza della Borsa, promossa da Occupy Trieste, Arci, Casa delle Culture e Unione degli studenti a cui hanno adertio anche Rifondazione e Sel.

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/7407/

Trieste – Verità e giustizia per Alina
Suicida in commissariato dopo 3 giorni di sequestro illegittimo. Ieri molto partecipato sit-in davanti alla Questura di Trieste per denunciare la gravissima vicenda di Alina.
Alina ha 32 anni quando muore nel commissariato di polizia di Opicina a Trieste. Non era in stato di fermo né di arresto, ma tre giorni prima era stata prelevata fuori dal carcere di Trieste, dove aveva finito di scontare nove mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, da una volante della questura e portata in commissariato. Alina è morta suicidata, quaranta minuti di agonia appesa alle sbarre della finestra, davanti una telecamera di “sicurezza”, e nonostante questo nessuno è intervenuto. Un suicidio “assistito”.

Massimo De Bortoli, Pm della Procura di Trieste, apre un indagine e scoperchia il vaso di pandora della prassi questurina: il sequestro sistematico dei migranti in previsione della loro espulsione.

Carlo Baffi, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste, è attualmente indagato per sequestro di persona e omicidio colposo.

Forse non è un caso a questo punto se nella perquisizione disposta dal Pm, nell’ufficio e nella abitazione di Carlo Baffi, vengono trovati e sequestrati libri nazisti e fascisti, libri di difesa della razza e “come riconoscere il giudeo”, poster del duce e simboli nazifascisti. Con estrema chiarezza Baffi aveva messo nel suo ufficio la targhetta Ufficio Epurazione con l’effige di Mussolini.

Al momento risultano oltre ad Alina Bonar Diachuk altre 49 persone sequestrate allo stesso modo, i fascicoli sono stati sequestrati nell’ufficio di Baffi e adesso si stanno facendo le ricostruzioni necessarie.

Questi i fatti di cui la gravità si evidenzia e comprende ogni giorno di più, ieri più di duecento persone hanno partecipato al presidio sotto la Questura di Trieste per chiedere verità e giustizia per Alina, portando la propria indignazione chiedendo che Carlo Baffi, tutt’ora responsabile dell’ufficio immigrazione, venga immediatamente rimosso dal proprio incarico.

Gli interventi di ieri sotto la Questura, hanno però evidenziato come la questione sia ben più ampia e complessa. Non stiamo parlando di una mela marcia o di casi isolati, come spesso ci dicono in questi casi, ma di una prassi illegale e criminale sistematica e di cui il questore Padulano senza vergogna afferma pubblicamente “siamo davanti a persone che hanno svolto il proprio dovere” e il problema eventualmente è la disorganizzazione delle istituzioni, nei fine settimana in assenza del giudice che disponga l’atto di espulsione va fronteggiato in qualche modo. La Questura di Trieste evidentemente ha deciso di affrontarlo sequestrando le persone e andando contro la legge.

Nelle ultime settimane nel dibattito attorno all’uscita del film Diaz, abbiamo sentito fin troppe volte da parte di sindacati di polizia e singoli dirigenti, noi non siamo quelli della Diaz, la polizia è strumento democratico di tutela dei diritti costituzionali riconosciuti. A tutti questi poniamo delle semplici domande: nella Questura di Trieste nessuno è mai entrato nell’ufficio di Carlo Baffi? Carlo Baffi lavorava in clandestinità o dentro un sistema riconosciuto e condiviso all’interno della Questura? Nessun poliziotto, sincero democratico come tanti si professano, ha mai avuto niente da ridire entrando in un “ufficio epurazione” diventato sacrario del fascismo? Quei poliziotti che materialmente sequestravano le persone, “eseguivano solamente degli ordini”, come nei peggiori cliché delle giustificazioni dei crimini di guerra?

Queste le domande poste anche ieri sotto la Questura, a cui francamente non aspettiamo risposta. Pretendiamo però che se ne vadano. Se ne vada Padulano, se ne vada Baffi e vengano evidenziate tutte le responsabilità, abbiamo il diritto di sapere con chi abbiamo a che fare ogni giorno nelle nostre strade e nei commissariati, dobbiamo sapere che se per qualche motivo una qualunque persona debba entrare in un ufficio di polizia non abbia più a rischiare il “malore attivo” di antica memoria o il “suicidio assistito” di Alina.

Fino a quando questo non accadrà saremo presenti in piazza, l’appuntamento è per martedì alle 17, ogni martedì alle 17, fino a quando dalla questura non verrà “epurato” l’epuratore Carlo Baffi.

Casa delle Culture

http://www.meltingpot.org/articolo17740.html

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