È emergenza suicidi. Otto da inizio aprile (Flavia Amabile, La Stampa)
Ha preferito spararsi un colpo con uno dei suoi cinque fucili da caccia, tutti regolarmente registrati. “Non ce la faceva più, diceva che voleva farla finita – racconta la compagna alla polizia – Aveva bisogno di aiuto ma non l’ha avuto”.
Si può andare avanti così? A questa domanda in troppi, stanno rispondendo di non essere in grado di farcela. L’ultima è una donna di 55 anni, D.C., di Bologna. Tre giorni fa era scomparsa da casa. nell’auto lasciata sul molo c’erano alcune lettere in cui spiegava di aver deciso di uccidersi perché aveva perso il lavoro, era contabile in un’azienda del bolognese ma era stata licenziata un anno fa. Inutili le ricerche di un’altra occupazione, dopo un po’ la donna non ha retto e ha preferito buttarsi nello specchio d’acqua tra il porto di Vallugola e Gabicce mare.
Due giorni fa è stato un uomo di 38 anni ad impiccarsi nella sua abitazione di Isola Liri, in provincia di Frosinone. Professione operaio, in realtà disoccupato da tre mesi con una moglie e un figlio nato da poco, ha spiegato in un biglietto la sua disperazione. L’elenco è lungo, purtroppo, siamo già a otto persone dall’inizio di aprile, e non siamo ancora nemmeno a metà mese. E’ un dramma dai contorni sempre più vasti, un’emergenza, come gridano le associazioni dei consumatori, da affrontare prima che si estenda ancora di più, con il suo carico di dolore per chi lascia e per chi resta.
Sempre due giorni fa ha scelto di farla finita un uomo che un lavoro l’aveva. Si chiamava L.M., aveva 62 anni ed era titolare di una piccola azienda ortofrutticola a Torino. Aveva molti debiti, doveva decine di migliaia di euro al fisco. Ha preferito spararsi un colpo con uno dei suoi cinque fucili da caccia, tutti regolarmente registrati “Non ce la faceva più, diceva che voleva farla finita – racconta la compagna alla polizia – Aveva bisogno di aiuto ma non l’ha avuto.”.
“non c’è più tempo da perdere, lo Stato deve intervenire garantendo assistenza, non solo economica ma anche psicologica, ai tanti piccoli imprenditori schiacciati dalla crisi che possono compiere gesti estremi”, denuncia il Comitas che chiede “uno sportello ad hoc” presso la Prefettura o la Camera di Commercio, dove gli imprenditori possano andare a parlare della loro situazione e a ricevere ascolto e aiuto.
In Sardegna i suicidi sono stati tre in poche ore: un operaio edile di 47 anni di Serramanna, un imprenditore di 53 di Macomer e un piccolo imprenditore edile di 47 di Orotelli. “Non sono suicidi ma omicidi, una strage che giorno dopo giorno miete sempre più vittime”, ha denunciato un comitato spontaneo locale.
E’ indice di un allarme particolarmente grave in una regione dove la crisi sta colpendo tanti. Secondo la Confesercenti l’indebitamento delle imprese è alto: ci sono circa 70mila partite Iva della regione che devono un totale di oltre 4,2 miliardi a Equitalia ed è un dato aggiornato al gennaio del 2011. “Con l’acuirsi della crisi è possibile stimare che oggi il debito sia salito a 5 miliardi e mezzo di euro e sappiamo che l’80 per cento delle imprese non sarà in grado di pagare quanto deve”, ha spiegato Davide Marcello, vicepresidente di Confesercenti. L’associazione ha infatti attivato un numero verde anticrisi per imprenditori in difficoltà. “Non siamo la Asl – spiega il presidente regionale, Marco Sulis – ma possiamo cercare insieme a chi ci chiama soluzioni tecniche al problema. Parlarne con i nostri esperti può aiutare a trovare concrete vie d’uscita.”
“Cresce il disorientamento – avverte Don Marco Lai, responsabile della Caritas di Cagliari – perché non ci sono state risposte. Noi ci proviamo con iniziative su microcredito e prestiti della speranza. Abbiamo ottenuto anche dei buoni risultati ma, nel quadro generale di drammatica difficoltà, tutto questo è insufficiente”.
http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=264218&sez=NORDEST
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