“Io, assalita dai volontari per la vita
mentre andavo in clinica a abortire”
La testimonianza di Maria: “Non fateli entrare in ospedale. C’era anche un uomo in camice che mi ha dato dell’assassina: è stato uno choc”.
“Penso tutti i giorni al bimbo mai nato, ma serve più rispetto verso chi fa una simile scelta”
di SARA STRIPPOLI
“Io, assalita dai volontari per la vita mentre andavo in clinica a abortire”
“Ho abortito con la Ru486. A fine agosto sono andata al Sant’Anna per il controllo. Sul marciapiede di via Ventimiglia mi ha avvicinato una donna che stava volantinando per il Movimento per la vita e ha cominciato a dirmi se sapevo cosa succedeva in quel posto, quale luogo orrendo fosse, un abortificio. Ero lì per un controllo e non ero tranquilla, non avevo certo voglia di stare a sentire, le ho detto che ero in ospedale proprio per un aborto, che per una donna non era certo una scelta facile, che mi lasciasse in pace.
Ovviamente non sapeva che avevo già abortito, mi ha detto che potevano aiutarmi, sostenermi. L’uomo in camice bianco, un infermiere?, che stava dietro di lei e stava distribuendo volantini ha sentito quello che stavo dicendo e ha cominciato ad urlare che eravamo delle assassine, che le donne che abortiscono commettono un omicidio, sono malate di mente. Ho alzato la voce anch’io, gli ho detto che prima di ogni altra considerazione, da uomo non poteva capire cosa poteva provare una donna. Lui ha alzato la voce ancora di più, ha detto che avrei potuto partorire e poi far adottare mio figlio. Ero inorridita, ho tagliato corto e sono entrata. Quando sono uscita ha ricominciato. Un’esperienza sgradevolissima, che non dimenticherò”. Parla Maria, 34 anni, impiegata. Ha deciso di raccontare questa storia perché, dice “leggo sui giornali dell’intenzione della Regione di portare in ospedale persone che vogliono convincerti che stai commettendo un omicidio. Sono allibita dall’idea che un uomo come quello, che peraltro portava il camice e diceva di avere tutte le competenze per poter parlare, possa essere uno di quelli che una ragazzina potrebbe trovarsi davanti, magari scambiato per una figura istituzionale. Uno choc”.
In quella giornata di agosto in cui è andata al Sant’Anna per quel controllo, Maria ha chiesto ai medici che lavorano nel reparto Ivg, interruzioni di gravidanza, se sapevano cosa accadeva fuori: “Mi hanno confermato che spesso erano lì fuori a volantinare, che cercavano di non mettersi proprio davanti all’ingresso. Poi ho parlato con altre donne che stavano aspettando come me. Una aveva il volantino in mano, un’altra mi diceva che aveva abortito ma era consapevole di aver commesso un peccato. Ho provato una sensazione di angoscia, sono convinta che ogni donna in quelle condizioni scelga e sappia perfettamente che qualsiasi sia la decisione pagherà un prezzo”.
Maria non nega di svegliarsi ogni mattina riflettendo su quel bambino che poteva nascere: “Ma non me la sono sentita, sarei stata da sola, non mi sentivo abbastanza forte. Credo però fermamente nella libertà di scelta, tutti gli aiuti possibili e nessun lavaggio del cervello di ispirazione religiosa”. L’accoglienza nei consultori è stata ottima, racconta ancora “ho incontrato persone fantastiche con cui ho potuto anche parlare, che mi hanno spiegato in modo molto chiaro tutti gli effetti. Fra l’altro io ho problemi di salute che rappresentavano un rischio nel caso di aborto chirurgico. Per me la Ru486 era l’unica soluzione sicura”.
Dopo questa esperienza Maria dice di essersi convinta che semmai è necessaria ancora maggiore attenzione nei confronti delle donne che abortiscono, che lo facciano con la pillola o con la chirurgia: “Credo che non si debba risparmiare sul personale, che semmai ci sarebbe bisogno di un’assistente sociale o di una psicologa, qualcuno che oltre agli aspetti sanitari chiariti molto bene dai medici, possa anche spiegare quali sono i possibili percorsi per una donna madre, gli eventuali sostegni istituzionali, gli aiuti concreti”. Anche in ospedale si potrebbe offrire di più: un po’ di personale in più per evitare l’eccessiva fretta, locali più adeguati, possibilmente lontani dai reparti dove i bambini nascono: “Penso che sia questa la strada, non certo la presenza inquietante di chi prima di offrirti il suo aiuto prova a convincerti, fra l’altro spesso in malo modo, che stai commettendo un peccato e non una scelta, comunque dolorosa, per la tua vita”.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2010/10/25/news/io_assalita_dai_volontari_per_la_vita_mentre_andavo_in_clinica_a_abortire-8403975/
Come può un uomo commentare e sopratutto dare dell’assassina ad una donna che fa una scelta così dolorosa? Come può semplicemente chiamarsi “uomo” un individuo del genere che col proprio comportamento non mostra alcun rispetto e dimostra la sua sconfinata ignoranza? Ai cosidetti “movimenti per la vita” vorrei far notare che farebbero di più per le donne se facessero pressione sul Governo affinchè vengano dati tutti i supporti possibili alle donne in difficoltà che si trovano affrontare da sole una gravidanza, invece di accanirsi sulle donne stesse per la loro dolorosa scelta.
E le Donne dove sono…?