«Io, lesbica, ricattata dal mio ex»
di Claudiana Di Cesare
ROMA (30 maggio) – «L’ho capito a 18 anni. Stavo con un ragazzo quando ho scoperto di essere innamorata di sua sorella. Quando lui l’ha saputo mi ha costretto ad avere rapporti sessuali sotto la minaccia di raccontare tutto». Alessandra è omosessuale e ha deciso di raccontare la sua storia. «Era sempre più violento e ho deciso di dirlo ai miei. Mio padre mi ha chiamata schifosa. Non li sento da un anno».
Alessandra è fuggita dal suo paesino di provincia e ha cercato rifugio a Roma. «Sono andata a vivere con la mia ragazza in un monolocale, ma una settimana fa abbiamo ritrovato la serratura cambiata e le nostre cose buttate sul pianerottolo». Per lei nessuna comprensione neanche a Roma, nel posto in cui pensava di realizzare il suo sogno di serenità e che invece sembra essere diventata la capitale dell’omofobia. Basta scorrere la lista degli episodi più recenti che hanno conquistato le prime pagine dei giornali, per farsi un’idea di come l’isola a cui pensava di approdare Alessandra, non era poi così felice.
La cultura dell’intolleranza continua ad avanzare, nonostante le condanne bipartisan e la campagna sociale contro l’omofobia promossa a novembre dal ministro Mara Carfagna. Un elenco di violenze che non accenna a interrompersi e che solo a Roma, ha fatto registrare ben 8 aggressioni negli ultimi 9 mesi. Il 25 aprile un volontario di Arcigay, ventiduenne, è stato colpito ripetutamente e preso per il collo da un gruppo di quattro ragazzi su un autobus in zona Trastevere. E ancora un trentenne, scambiato per gay per via del suo abbigliamento, massacrato di botte e insultato da tre ragazzi ad Ostia, un giovane gay accoltellato e ridotto in fin di vita nei pressi del Gay Village, due ragazzi aggrediti con pugni e calci perché si erano concessi una passeggiata romantica al Colosseo, mano nella mano.
Senza contare gli avvisi: petardi lanciati vicino ai locali frequentati da gay in via San Giovanni in Laterano e gli attentati incendiari nella discoteca che ospita il Muccassassina.L’Arcigay ha compilato un dettagliato report dei principali atti di violenza omofoba in Italia, che mostra dati sconcertanti: solo da gennaio sono avvenuti 2 omicidi, 17 aggressioni e 5 estorsioni. «La comunità glbt (gay, lesbica, bisessuale, transessuale) ha senz’altro recepito quest’ultima ondata di violenze di vario tipo esattamente come un’emergenza di tipo sociale» conferma Andrea Berardicurti della segreteria del Circolo Mario Mieli, «la sensazione generale è il dilagare di un pervadente clima di intolleranza». I dati forniti dall’Arcigay sconvolgono e disorientano, ma non sono neanche sufficientemente rappresentativi del barometro dell’omofobia che si respira in Italia: è la punta di un iceberg rimasto pressoché invisibile fino a poco tempo fa. E sono ancora migliaia i casi che non vengono denunciati.È il caso di Alessandra, che non ha mai denunciato la padrona di casa che l’ha sbattuta fuori da un giorno all’altro. È il caso di Francesco, 22 anni, che dopo essere stato picchiato al grido di “sporco frocio” a Testaccio, ha preferito farsi trasportare a casa di amici anziché all’ospedale, per scongiurare ripercussioni sulla sua vita familiare. È anche il caso di Gianni, 24 anni, licenziatosi da uno dei call center più grandi di Roma, dopo mesi di umiliazioni: «Ogni giorno mi facevano sedere vicino ai colleghi più indolenti: era la punizione per chi non aveva portato a termine un numero sufficiente di contratti.
Sono scappato via, ma non ho denunciato nessuno: i miei genitori si ucciderebbero se sapessero che sono gay».È come se il rifiuto degli omosessuali potesse in qualche modo garantire l’equilibrio, la coesione sociale. Come sostiene anche Andrea Berardicurti, «sono molte le testimonianze di persone che decidono di lasciare il nostro Paese per trasferirsi in Spagna, in Olanda, in Belgio, in Inghilterra e vivere dove esistono tutele giuridiche per loro». Una tendenza che conferma anche Alessandra, durante la lunga chiacchierata sulla sua vita difficile: «ho pensato di andare via» dice con uno sguardo di rassegnazione, «in Spagna o anche oltreoceano. Obama ha detto che “nessuno in America dovrebbe aver paura di camminare in una strada tenendo per mano la persona che ama”, – inclina la testa, sorride ed aggiunge con un candore disarmante – questo è quello che vorrei. Chiedo troppo?».
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