Stalking, ammonizione per chi si apposta sotto casa del coniuge separato
Stalking, ammonizione per chi si apposta sotto casa del coniuge separato Stalking, ammonizione per chi si apposta sotto casa del coniuge separato
LECCE- Il Questore può ammonire per stalking chi si apposta continuamente sotto l’abitazione dell’ex coniuge, al di là di un eventuale procedimento penale.Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia III° Sezione con la sentenza n° 02639/2010 che ha respinto il ricorso di un cittadino avverso rigetto di un ricorso amministrativo su un provvedimento con il quale lo stesso era stato ammonito a tenere una condotta con conforme alla legge, ai sensi dell’art. 8, comma 2, D. L. 23 febbraio 2009 n. 11, in quanto identificato come autore di atti persecutori nei confronti della moglie.Nel caso di specie, infatti, il Collegio ha ritenuto sussistenti i presupposti per le misure amministrative introdotte dal d. l. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2009 n. 38), al fine di assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso l’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori.
In particolare, ai sensi dell’art. 8, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori di cui all’articolo 612-bis del codice penale (introdotto dall’articolo 7 dello stesso decreto legge), la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.Un’importante sentenza secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, in un momento in cui si sta verificando un escalation di episodi di stalking spesso alla ribalta delle cronache giudiziarie e che conferma l’utilità dei poteri dell’autorità amministrativa, in questo caso il Questore, la quale assume il potere di dissuadere il “persecutore” dal persistere nel suo atteggiamento in una fase in cui la condotta non abbia rilevanza penale ed ancora per dare alle vittime, spesso familiari o legate da vincoli affettivi con i persecutori, la possibilità di farli richiamare a condotte non lesive evitando di sporgere la denuncia penale.
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