Venezia, la tragedia dell’odio: padredi 10 figli uccide la moglie e si sparaI corpi dei genitori sono stati scoperti dai quattro figli piccoli
Con l’uomo la vita era un inferno fatto di bastonate, insulti e sottomissione
ANNA SANDRI
VENEZIAA fare appena cento metri in più su quella strada in mezzo alla campagna, ci si ritrova sul piazzale del Museo di Altino, una gloria della cultura nazionale. Ospita convegni, arrivano turisti. Un gioiellino: lo si intravede anche dalla finestra della casa bianca seminascosta da alberi secolari al civico 43 dell’unica strada che attraversa il paese.La casa dove il guardiano notturno Rino Costantini, 53 anni, viveva con la moglie Elsa Bellato di 46 e i loro dieci figli, 28 anni la maggiore, 6 la più piccola. La casa dove tutti i giorni si consumava un inferno domestico fatto di bastonate, insulti, divieti, paura e sottomissione.
Di punizioni che dovrebbero stare solo tra le pagine più crudeli di certi libri ottocenteschi, con i bambini piccoli mandati a dormire tra i topi in un casolare in fondo a una strada cieca, magari per una risposta che aveva l’odore della ribellione.Ieri pomeriggio, prima delle quattro e mezzo, il guardiano notturno ha ucciso la moglie: lei era nella dispensa, tra i vasetti del miele prodotto dalle api di lui e i chili di pasta che servivano per sfamare la famiglia. Le ha sparato alle spalle, poi si è puntato la pistola alla tempia e ha fatto fuoco.
Così ai suoi bambini più piccoli – i quattro fra i 6 i 12 anni – ha fatto l’ultimo regalo: tornando da scuola hanno trovato i due corpi in mezzo al sangue e i vicini se li sono visti arrivare ancora una volta in pianti e lacrime, inseguiti dalla paura, «sono morti, sono morti». Sono accorsi, a entrare è stato un ragazzo; e quando poi è arrivata la polizia e si è cominciato a capire come erano andate le cose, una donna urlava: «È fortunato che si è ucciso, se no lo uccidevo io con le mie mani». Tutti sapevano, giurano che nessuno aveva mai potuto fare nulla.Ai ragazzi Costantini non mancava niente, a guardare da fuori.
Tutti avevano da vestire, tutti avevano da mangiare grazie allo stipendio del padre – guardiano notturno nelle valli della zona – e alla sua attività di apicoltore. Grazie anche alla sua maniacale passione per l’orto: di verdura ne avevano da vendere. Tutti studiavano, o avevano studiato. A mancargli era il resto, era la vita: la libertà, la pace, la serenità, l’idea che una giornata – una qualsiasi – potesse finire senza che la furia si scatenasse su qualcuno di loro. Non servivano motivi, i pretesti erano più che sufficienti.I vicini avevano chiamato tante volte i carabinieri, ma quando la pattuglia arrivava tutto sembrava normale: era la stessa Elsa a farlo credere, per quel meccanismo mortale che fa di una persona abusata un complice sottomesso, un’inviolabile cassaforte di segreti domestici.Di ogni mancanza in casa, di un bicchiere rotto, di un letto mal rifatto, di una risposta accesa, si prendeva la colpa: preferiva che le sberle toccassero a lei piuttosto che ai figli, preferiva soffocare il pianto che sentir piangere.Amava i suoi figli sopra ogni cosa e non riusciva a proteggerli.
Era lei che di notte, quando lui era fuori per lavoro, portava un piatto caldo ai bambini in punizione nel casolare. Di farli rientrare, nemmeno parlarne: se li avesse trovati non si sarebbe salvato nessuno. I segreti custoditi da Elsa li sapevano i vicini, che sentivano le urla e le bastonate; li conoscevano i compagni di classe dei ragazzini, che ne raccoglievano le confidenze. Due delle figlie più grandi erano riuscite ad andarsene, la maggiore era scappata due giorni fa dopo l’ultima bufera, e l’unico maggiorenne tra i maschi aveva detto alla madre che sarebbe andato dai carabinieri e avrebbe denunciato tutto.
Lei gli aveva chiesto di non farlo.Da tre giorni, dicono i vicini, Rino Costantini era fuori di sé; perché la figlia aveva osato andarsene, perché anche in Elsa coglieva un seme di ribellione. Si era messa in mente di andare a servizio, poche ore, in una villa della zona. Un temporale che si addensava nella sua mente, che si è scatenato con i tuoni secchi di due spari. Nella casa dei dieci orfani le luci sono rimaste accese fino a tardi ieri sera: i cadaveri sono stati rimossi solo quando era già notte.
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