Picchiata dal marito, abortisce in casa
LEI NON HA la forza, e forse nemmeno il coraggio, di accusare nessuno, anche se i lividi che porta sul viso parlano chiaro. Ma ha rischiato di morire perché nel periodo più bello per una donna, anziché amore, dal padre del figlio che portava in grembo ha avuto solo violenza. E così ha perso tutto in pochi drammatici istanti, la gioia e i sogni coltivati nei primi cinque mesi di gravidanza.
Lei è una donna incinta di origini ecuadoriane, S. D., 32 anni. Dopo essere stata malmenata dall’uomo con cui conviveva a Rivarolo da anni, ha abortito in condizioni terrificanti, in un appartamento di Voltri, a casa della sorella dove si era rifugiata dopo l’ultima aggressione. L’hanno soccorsa e salvata i volontari della Croce Rossa di Voltri e i sanitari dell’automedica del 118. Per il figlio non c’è stato nulla da fare.
Sul caso, che risale alla sera del 28 agosto, stanno indagando i carabinieri della stazione di Voltri. Dopo aver raccolto sotto la regia del pm Marco Airoldi le prime testimonianze e, in particolare, il racconto della donna, un dossier è stato portato in Procura. Solo nei prossimi giorni si potrà sapere con certezza il destino dell’inchiesta.
Il compagno della donna, un connazionale di 27 anni, potrebbe presto essere iscritto nel registro degli indagati per procurato aborto. Il passaggio non è scontato dal momento che la trentenne, secondo quanto rivelato agli inquirenti, sarebbe stata colpita al volto e non all’addome. Ma non si può escludere un collegamento tra l’aggressione avvenuta in casa e denunciata ai carabinieri e le conseguenze tragiche sulla gravidanza che era in corso. Su questo aspetto il pm potrebbe nelle prossime ore affidare a un medico una perizia e sciogliere ogni dubbio.
La ricostruzione dei momenti convulsi che hanno preceduto l’aborto è ormai stata definita dagli inquirenti. La donna, S. D., che ha già un figlio frutto di una precedente relazione coniugale, era al quinto mese di una gravidanza senza problemi. Lo scorso 27 agosto ha una discussione con il compagno, nella casa di Rivarolo dove convivono. Non si conoscono i motivi. La relazione tra i due era arrivata, evidentemente, a un punto di rottura ormai da tempo.
Nasce un parapiglia nel quale è la donna ad avere la peggio. Viene colpita al viso, con schiaffi e pugni. Sanguina. Scappa senza chiamare aiuto. E si rifugia nell’abitazione della sorella, che vive con la famiglia in via al Santuario delle Grazie a Voltri. La trentenne incinta viene accompagnata una prima volta al pronto soccorso del San Carlo di Voltri. Viene medicata e tenuta in osservazione per una notte. La situazione sembra essersi normalizzata quando la mattina del 28 agosto la donna viene dimessa.
La sera stessa, nella casa della sorella, la crisi. S. D., che è ancora sconvolta per la situazione e per la paura del compagno, ha perdite di sangue sempre più copiose. All’improvviso le condizioni degenerano e la donna abortisce prima ancora che i volontari della Croce Rossa possano intervenire. Quando arrivano, la scena che si trovano davanti è agghiacciante. La donna ha un’emorragia grave e in bagno, in una bacinella, giace il feto senza vita. S. D. viene portata nuovamente al pronto soccorso. È in condizioni gravissime ma, grazie alla tempestività dei soccorsi, si salverà.
Ora resta da capire se esistano delle responsabilità per quanto accaduto. Se i medici che avevano visitato la prima volta la donna potessero, dovessero rendersi conto del rischio di un aborto. Oppure no. E se all’origine del dramma ci siano le percosse dell’uomo che del piccolo doveva essere il padre.
http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2010/09/12/AM2Xhg2D-picchiata_abortisce_marito.shtml