Donne e violenza, l’inferno è in famiglia
EMERGENZE. Umiliazioni, insulti, controlli ossessivi fino alle botte e agli abusi. Ieri in prefettura un tavolo sulle strategie. Il fenomeno è in crescita: per combatterlo si mobilitano le istituzioni. E nasce un centro d’ascolto
Verona. «Lui mi ama tanto, dice che sono il suo ossigeno. Ma se non gli ubbidisco…». Umiliazioni, insulti, scenate, controlli ossessivi. Nei casi peggiori, botte e violenze carnali. E l’inferno continua. È questa, il più delle volte, la trama degli abusi sulle donne: vicende che nel 70% dei casi accadono tra le mura domestiche per mano del marito, del compagno. Oppure di un «ex» che non si vuole rassegnare. Il sommerso è enorme: a far tacere sono la paura di distruggere la propria famiglia, di rovinare l’oppressore con una denuncia, e il terrore del «dopo». Ma più di tutto, la colpa è dell’abbandono: non si sa a chi rivolgersi.
PROTOCOLLO. Basta: le istituzioni lavorano per mettere al muro gli aguzzini. Ieri mattina, in prefettura, si sono riuniti i firmatari del Protocollo d’intesa sulla prevenzione della violenza domestica: un documento, sottoscritto nel 2008, che coordina l’azione corale di tutela verso le donne, ma anche verso i minori e gli anziani, ad opera degli enti responsabili. Prefettura, procura, Comune, Provincia, tribunale civile e penale, questura, carabinieri, guardia di finanza, e anche azienda ospedaliera e Ulss 20, 21 e 22, università, ufficio scolastico provinciale, osservatorio nazionale per la violenza domestica, centro regionale Il Faro, consulta delle associazioni femminili.
SITUAZIONE. Il punto, a Verona, è questo: nonostante il numero di reati di violenza domestica nel primo semestre del 2010 sia inferiore a quello dello stesso periodo del 2009, aumenta però in modo sensibile la litigiosità in famiglia: pericoloso preludio di episodi gravi. I dati sono della questura, riportati dal questore vicario Gianluigi Rispoli e da Roberto Salvo della Divisione anticrimine: 370 interventi di volanti, a partire dall’inizio dell’anno, per sedare liti familiari, che talvolta causano lesioni dolose, 30 nel primo semestre 2010. La scintilla è di vario tipo: in primis la separazione o il divorzio della coppia (40% dei casi); il resto si divide tra ristrettezze economiche, spesso con perdita del lavoro, e poi problemi di alcol o droga, gelosia esagerata, patologie mentali. Ma il disagio può anche essere multifattoriale.
«Quando la volante interviene sul posto, chiamata dalla donna stessa o da vicini di casa allarmati, la situazione di tensione è palese. Ma spesso la vittima si rifiuta di sporgere denuncia», spiega Rispoli. Da sottolineare la trasversalità sociale nel fenomeno: ne sono colpiti i ceti alti e i bassi, gli italiani e gli immigrati. Ovvio che, come ha precisato il prefetto Perla Stancari, «le difficoltà linguistiche sono un ostacolo in più per le donne straniere, in particolare per quelle d’origine africana e di religione islamica».
AZIONI. Sono moltissime le realtà locali che operano nel settore, legate ad enti pubblici e della diocesi; sono onlus e punti d’appoggio parrocchiali o laici. L’assessore Vittorio Di Dio ha ricordato, tra gli altri, il Centro antiviolenza Petra, i progetti «Codice Rosa», promosso dalla Consulta delle associazioni femminili, e quello ministeriale «Verona libera dalla violenza contro le donne».
Il prefetto Stancari ha anticipato la convocazione di tutti questi organismi attorno a un unico tavolo, per formare una rete. Il fulcro è il Centro d’ascolto della prefettura: il primo in Italia a essere reperibile 24 ore al giorno.
Il procuratore Mario Schinaia ha evidenziato l’importanza della collaborazione degli ospedali: «Se una donna si presenta ripetutamente al pronto soccorso per “incidenti” domestici, ci si deve chiedere se non sia il caso di far partire una segnalazione». Sempre nella piena tutela della privacy. Il presidente della Provincia Miozzi ha annunciato l’avvio di una campagna pubblicitaria di sensibilizzazione.
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