Uomo, condannato per maltrattamenti e percosse alla moglie

Marito violento condannato
per anni
di percosse

A distanza di cinque anni dai fatti, B.B., 53 anni, anch’esso tunisino, è stato condannato per lesioni e percosse a 1 anno e tre mesi di reclusione, con pena sospesa

Lodi, 21 gennaio 2011 – «Papà, fermati, ti prego, non uccidere la mamma». È stata quella frase, pronunciata nel luglio 2005 dal figlio mentre il marito la stava strangolando con un cavo da antennista al termine dell’ennesimo litigio in casa a far capire a Y.A, tunisina che oggi ha 43 anni, che era giunto il momento di dire basta ad una vita fatta di soprusi ed angherie e denunciare tutto alla polizia.

Oggi, a distanza di cinque anni dai fatti, il marito violento B.B., 53 anni, anch’esso tunisino, è stato condannato per lesioni e percosse a 1 anno e tre mesi di reclusione, con pena sospesa, ed al risarcimento di 10mila euro nei confronti della moglie. L’uomo però nel frattempo è scappato in Tunisia, portandosi dietro anche i tre figli della coppia, rendendo amara la conclusione della vicenda.

La storia comincia nel 1994, quando dopo quattro anni di mattrimonio l’uomo trova lavoro in Italia come antennista e la coppia si trasferisce dalla Tunisia in una casa di Casalpusterlengo. La vita di coppia però per la donna comincia pian piano a diventare un inferno, e la nascita nel tempo di tre bambini non cambia la situazione. «Diceva che dovevo solo stare a casa a badare a loro, e se lo contraddivo erano botte. Mi inseguiva col ferro da stiro, mi minacciava col coltello, mi picchiava con la cintura o mi chiudeva a chiave nella camera. Tutto sotto gli occhi dei nostri figli, che tre volte mi hanno salvata dall’essere uccisa. Fino all’episodio del tentato strangolamento, quando ho detto basta e ho chiesto il divorzio».

Nel luglio del 2005 la coppia va in Tunisia per le pratiche, ma lui le ruba i documenti e l’abbandona in terra africana tornando da solo in Italia. «C’è voluto un anno e l’aiuto dell’ambasciata — racconta la donna — ma il 3 giugno del 2006 sono finalmente riuscita a rientrare in Italia. Il 16 ho sporto denuncia alla polizia raccontando tutti i maltrattamenti subiti fino ad allora».

Nel frattempo esce la sentenza della corte islamica tunisina che dà diritto alla donna di visita nei confronti dei propri figli, ma il marito si rifiuta lo stesso di farglieli incontrare senza la sua supervisione. Nell’aprile 2008 la donna, che nel frattempo è riuscita a trovare lavoro come donna delle pulizie vivendo in una nuova casa in affitto, presenta un ricorso al tribunale civile di Lodi denunciando la situazione e chiedendo l’affidamento di uno dei figli e una piccola provvigione mensile al marito.

Davanti ai due processi contro di lui, l’uomo fugge in Tunisia con i figli, dov’è rifugiato ancora oggi. «Nel maggio 2010 il tribunale civile ha rigettato il ricorso — spiega l’avvocato della donna Fabio Da Prati — dando ragione al marito. Ma distanza di 9 mesi, la sezione penale dello stesso tribunale oggi lo ha riconosciuto colpevole per anni di percosse e lesioni. È una vicenda surreale. Spero solo che questa donna riesca al più presto a riunirsi ai suoi figli».

http://www.ilgiorno.it/lodi/cronaca/2011/01/22/446653-marito_violento_condannato.shtml

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