Francesca Baleani, recuperare la propria vita da un cassonetto
di Maria Rosaria De Simone
Francesca Baleani, in questi ultimi giorni, dopo la notizia dell’arresto dell’ex marito Bruno Carletti, condannato in via definitiva a 9 anni e 4 mesi per aver tentato di toglierle la vita, non riesce ad avere un attimo di tregua. I giornalisti vogliono parlare con lei, conoscere quello che prova, i suoi sentimenti, vogliono entrare nella vicenda, magari per approfondire i nuovi dettagli o per scandagliare meglio quelli vecchi.
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Forse si aspettano da lei parole di trionfo, nutrite da sentimenti di rivalsa e di vendetta. E purtroppo, talvolta, non si rendono conto che, nell’ansia di fare un bell’articolo, si muovono con la delicatezza di un elefante. Oppure, di fronte alla reticenza di Francesca, imbastiscono un bel servizio, magari su un settimanale importante, recuperando vecchie notizie e vecchie interviste, e mostrando ai lettori il volto di una donna trionfante per aver ottenuto giustizia. In realtà Francesca Baleani è davvero stanca, ha bisogno di riprendersi dagli ultimi avvenimenti. Quando la incontro per intervistarla al convegno sulla violenza sulle donne a Latina, il 26 febbraio, mi confessa:“Rosaria, sono qui solo perchè avevo preso questo impegno in precedenza e per amicizia, ma sono tanto stanca”.
Al convegno inizio a raccontare la sua storia.
Francesca Baleani, di Macerata, il 4 luglio 2006, all’alba, si trovò ad aprire la porta di casa a Bruno Carletti, direttore artistico del Teatro della città, da cui era separata da circa un anno. L’uomo, aveva in mano dei cornetti per la colazione ed un grosso bastone. Entrato in casa, senza una ragione plausibile, cominciò a bastonare con tutta la forza Francesca, poi prese il filo del telefono e tentò di strangolarla. Credendola ormai morta, l’uomo scese con l’ascensore nel garage dove recuperò una custodia di abiti da scena. Ritornò nell’appartamento. Infilò la donna nella custodia, se la caricò sulle spalle e con l’ascensore ritornò in garage. Mise il carico nel bagagliaio e si diresse fuori del paese. A circa tre Km dall’abitazione di Francesca, trovò un cassonetto della spazzatura e si liberò del corpo. Poi tornò a casa, si lavò, si cambiò e, come se nulla fosse, partecipò ad una riunione di lavoro.
Francesca, che ricordi di quei momenti?
Non ricordo nulla, è come se nella mia mente ci fosse un black out. E’ stato tutto ricostruito dopo. Una cosa è certa. Era una giornata feriale, io mi dovevo recare al lavoro e di sicuro non lo avevo invitato quella mattina. Comunque è pazzesco pensare che sia riuscito ad infilarmi in quella custodia, piegata completamente in due. Mi ha poi messo un nastro sulla bocca e mi ha coperto il volto con un asciugamano. Mi ha gettata in un cassonetto, sicuro che di lì a poco passasse il camion della spazzatura.Il caso ha voluto, oppure non so cosa, che quel giorno un ragazzo si trovasse a passare di lì quando invece doveva essere da tutt’altra parte. Ha sentito dei lamenti ed ha pensato fosse un gatto. La mia vita era appesa a pochi istanti. Se il ragazzo fosse passato pochi minuti dopo non sarei qui.
So che poi sei stata tratta in salvo, portata immediatamente in ospedale. Quanti giorni sei stata in coma?
Scusa Rosaria, ma io vorrei solo sottolineare che sono qui, a questo convegno soprattutto per dare il messaggio a tante donne di non nascondere mai le violenze nei loro confronti. Perchè prima che accadano cose così terribili come è accaduto a me, ci sono dei segnali, che devono mettere in allarme. Spesso mi dico che se avessi ascoltato quei segnali, forse mi sarei salvata. Solo ora mi rendo conto che, di fronte a certi atteggiamenti del mio ex marito, avrei dovuto essere prudente e magari chiedere a mia sorella di venire a dormire a casa mia. Avrei dovuto prendere certe accortezze.
Scusa se ritorno sull’argomento, ma so che tu sei stata in coma farmacologico per 23 giorni, hai subito una riabilitazione di mesi e mesi in ospedale.
Si, ho dovuto reimparare tutto da capo. Avevo il fegato e la milza rovinati, una sospetta paralisi. Non riuscivo più a muovermi, ad esempio tenere un cucchiaio è stata una grossa conquista. Ancora oggi fatico a tenere una penna in mano. Ho dovuto reimparare a parlare.
Mentre tu riprendevi a vivere, so che il tuo ex marito dopo solo dieci giorni di carcere, dichiarato incapace di intendere e di volere, è stato trasferito dal Gip in una clinica vista mare e poi agli arresti domiciliari. Giusto?
Scusami Rosaria, ma tutto questo mi sembra ormai lontano. Ormai tutti sanno che il mio ex marito è stato appena condannato dalla cassazione in via definitiva ed ora si trova in carcere. Non ho mai nutrito sentimenti di vendetta, ma ora giustizia è stata fatta.
E’ vero giustizia è stata fatta, ma vorrei che raccontassi a tutti gli intervenuti al convegno, cosa hai dovuto subire.
L’importante ora è che giustizia è stata fatta. Finalmente posso cominciare una nuova vita, ora posso vivere senza paura.
Francesca, ma tu nel 2007, mandasti una lettera all’allora Ministro di Grazia e Giustizia, Clemente Mastella, lettera rimasta inascoltata, in cui raccontavi che il tuo ex, agli arresti domiciliari, viveva a pochi passi dalla casa dei tuoi genitori, dove stavi pure tu, perchè eri tornata a vivere con loro per un certo tempo perchè non eri autosufficiente nella deambulazione. Raccontavi che non ti sentivi assolutamente tutelata e che avevi paura. Mi ha colpita una frase della lettera che fa capire la tua amarezza: “Tanto vale che gli davo le chiavi di casa mia!”
Si, è vero, avevo scritto così, perchè la giustizia è stata lenta. Ho convissuto sapendo che il mio ex marito era a pochi chilometri da me, libero di uscire….è stata dura. Ma ora è finalmente stata fatta giustizia.
Ma non avevi paura? Orrore che potesse capitare di nuovo?
Francesca non ce la fa a rispondere, è molto provata e stanca. Ma la sua espressione fa comprendere a tutti che paura ne aveva, eccome.
Un’ultima domanda. Il tuo ex marito ti ha mai chiesto perdono per quello che ti ha fatto? Si è mai mostrato pentito?
No.
Nella sala del circolo di Latina sono tutti silenziosi ad ascoltare. A rompere la forte tensione emotiva, arriva spontaneo un applauso, caloroso e sentito. Francesca Baleani, che negli anni scorsi veniva chiamata dai giornalisti ‘la donna del cassonetto’, può finalmente ricominciare una nuova vita, lontana da tutte le udienze, dalle innumerevoli sedute psichiche e riabilitative, lontana dalla curiosità della gente. Gran donna Francesca Baleani, che ha ottenuto giustizia, ma sa che non esistono né vinti né vincitori. E che, dopo aver recuperato se stessa, ora lotterà per aiutare tante donne violate come Vice presidente di Light on Stalking, la prima rete nazionale on line contro lo stalking.
Francesca Baleani, recuperare la propria vita da un cassonetto
Ho visto la trasmissione INVINCIBILI, e li ho conosciuto la storia di Francesca. La mia mamma, per fortuna, ha avuto botte per anni da mio padre, ma non l’ha mai ridotta cosi. Nell’Agosto del 1978, io avevo 14 anni, stanca di assistere alle violenze continue e vedere la mia mamma sempre pesta, le dissi che sarei scappata di casa. Fu l’inizio della nostra nuova vita. Scappammo in tre: io, mia mamma e mia sorella. Sto scrivendo un libro, voglio raccontare un pò la storia di una donna innamorata che ha subito per 17 anni. Voglio che sia un incoraggiamento per tutte quelle donne che subiscono violenza a reagire.
In bocca al lupo Francesca.
Sabrina