“Se gli stupratori sono latitanti
lo Stato risarcisca la vittima”
La Corte d’Appello applica la direttiva dell’Ue 2004 confermando il primo grado. La presidenza del Consiglio condannata a versare 50mila euro a una giovane violentata nel 2005
Una ragazza romena di 18 anni, studentessa universitaria a Torino, era stata sequestrata, violentata e picchiata da due connazionali: una notte di terrore. Era il 2005, e ora sette anni dopo, quella ragazza ha vinto un’importante battaglia che potrà avere ripercussioni fondamentali a livello nazionale, diventando così una “paladina” nel campo della tutela dei diritti per le vittime di reati violenti. I due balordi che l’avevano aggredita erano stati condannati a dieci anni e 6 mesi di carcere, ma si erano dati alla latitanza, e dunque non l’avevano mai risarcita economicamente. Lei però non si è scoraggiata e tramite l’avvocato Marco Bona e lo studio legale Ambrosio e Commodo, ha tentato una causa pilota appellandosi a una norma europea: “E’ lo stato che deve risarcire, con un indennizzo equo ed adeguato, la vittima di un reato violento (o i suoi familiari) nel caso in cui il responsabile sia rimasto sconosciuto, o si sia sottratto alla giustizia, o non abbia risorse economiche sufficienti”. La corte d’appello di Torino ha ora confermato questo principio e la condanna già inflitta in primo grado all’Italia (nel maggio 2010) in quanto unico stato membro, insieme alla Grecia, a non essersi ancora adeguata a quella direttiva comunitaria risalente al 2004.
I giudici Paolo Prat, Renata Silva e Enrico Della Fina della terza sezione civile della Corte d’Appello, hanno quindi condannato lo Stato a pagare 50 mila euro come indennizzo alla ragazza, riducendo tuttavia la somma: in primo grado era stato stabilito un risarcimento
di 90 mila euro. A sostenere la tesi della giovane, in aula, era sceso anche il procuratore generale Fulvio Rossi, schierandosi così paradossalmente contro un altro organo statale, la Presidenza del consiglio dei ministri, assistita dall’avvocatura dello Stato. Rossi, che si è da poco dimesso dalla magistratura ma continua come volontario a collaborare anche con il Comune per la tutela delle vittime dei reati, ha commentato così questa sentenza: “E’ una vittoria importantissima: spesso le vittime non hanno coraggio o mezzi per difendere i propri diritti che sono tutelati più dall’Europa che dall’Italia, dove vige ancora una vecchia cultura penalista che ignora la tutela della persona offesa concentrandosi sulle garanzie dell’imputato”.
Gli avvocati Marco Bona, Renato Ambrosio e Stefano Commodo auspicano che il governo Monti prenda atto dell’improrogabilità di una legge che adegui l’Italia alla norma Europea: “I reati compresi nella normativa sono quelli intenzionali e violenti come omicidi, lesioni dolose e violenze sessuali”. Al risarcimento potranno accedere non solo le vittime italiane ma anche tutti i cittadini membri dell’Unione europea che li abbiano subiti sul suolo nazionale. L’avvocatura dello Stato si era invece difesa, senza mettere in discussione la gravità della violenza, ma sostenendo che in Italia erano già stati istituiti alcuni fondi di risarcimento. “Ma solo per categorie molto limitate, quali per le vittime del terrorismo, della mafia, della criminalità organizzata, dell’usura, quelle del disastro di Ustica, e della banda della Uno bianca”.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/02/11/news/se_gli_stupratori_sono_latitanti_lo_stato_risarcisca_la_vittima-29693537/
(11 febbraio 2012)
—
Violenze sessuali, la sentenza di Torino: se il colpevole non può risarcire, deve farlo lo Stato
“È stato un rapporto sessuale consenziente”. Lo avrebbe detto ai carabinieri il giovane militare bloccato dopo che sabato notte una ventenne è stata stuprata fuori da una discoteca a Pizzoli, nell’Aquilano. La vittima è stata trovata dal gestore del locale alle 3 e 30 di mattina. Era svenuta in mezzo alla neve, semi-nuda e ferita.
Chi l’ha soccorsa ha notato anche un ragazzo con gli abiti sporchi di sangue: lo stesso ragazzo che di fronte agli uomini dell’Arma avrebbe negato la violenza.
Ora bisognerà accertare la verità. Capire se il militare interrogato è colpevole, e se lo stupro è stato commesso da una sola persona. Ma se si arriverà a una condanna, la ragazza sarà risarcita per le lesioni fisiche e psicologiche? Il buon senso vorrebbe che la risposta fosse “sì”. Più realisticamente potremmo dire “forse”. Una recente decisione della Corte d’Appello di Torino autorizza a essere un po’ più ottimisti.
Il 23 gennaio il tribunale ha condannato la presidenza del Consiglio a versare un indennizzo a una giovane stuprata nel 2005. I colpevoli era stati individuati e condannati, ma si erano resi latitanti, e comunque non avevano risorse economiche per risarcire i danni. Chi paga in questi casi?
“Di solito nessuno – dice Oria Gargano di Be Free, cooperativa sociale contro tratta, violenze e discriminazioni. – La sentenza di Torino può essere molto importante”. I giudici hanno ribadito ciò che era stato stabilito in primo grado: se i responsabili non possono provvedere di tasca loro, devono subentrare le istituzioni. La direttiva europea 2004/80/CE impone a tutti i Paesi dell’Unione di dotarsi “di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti”: non solo di violenze sessuali, quindi, ma anche – per esempio – di omicidi o lesioni gravi.
“L’Italia è l’unico Stato che non si è adeguato alla direttiva – spiega Marco Bona, avvocato della ragazza a cui la Corte ha dato ragione. – Ci vorrebbe una specie di Inail per i casi di questo tipo, un fondo a cui possano accedere le vittime. In questi anni nessun governo, né di centrodestra né di centrosinistra, lo ha istituito”. La giovane assistita da Bona aveva vinto già in primo grado: perché si è andati in appello? “Perché la presidenza del Consiglio, condannata a pagare, non si arrende all’idea di dover istituire un sistema di indennizzo come quello richiesto dall’Europa. Penso che farà ricorso anche in Cassazione: non si vuole iniziare a ragionare in termini di tutela delle vittime”.
Eppure, secondo l’avvocato, allo Stato costerebbe meno rispettare gli obblighi comunitari che andare ogni volta per tribunali. “Risarcire chi subisce un reato doloso violento comporterebbe una bella spesa – ammette – ma in tutto il continente si fa così. Se le nostre istituzioni dessero retta all’Unione, sarebbero incentivate a curare di più la prevenzione e le sanzioni per i colpevoli”.
Cosa cambia con questa sentenza? “Poco prima che cadesse il governo Berlusconi – ricordano dalla cooperativa Be Free – il ministro Carfagna aveva messo a bando diversi milioni contro la violenza sulle donne. Sarebbe magnifico se una parte di quei soldi andasse a costituire il fondo che ci chiede l’Europa”. Bona pensa agli effetti sui prossimi processi: “Ora gli avvocati sanno che l’accertamento delle responsabilità non è totalmente inutile. E per i giudici esiste un precedente su cui basarsi, grazie a un tribunale che ha avuto il coraggio di condannare la presidenza del Consiglio”.
La Corte d’Appello ha deciso che alla vittima spettano 50.000 euro. “È brutto monetizzare tragedie simili – dice Bona – ma purtroppo i soldi servono, sia a chi ha subìto una violenza sessuale, sia a chi ha riportato ferite gravissime o ha perso un familiare in un omicidio. Queste cose si ripercuotono in modo pazzesco sulla psiche, te le porti dietro tutta la vita. Avere risorse economiche è sempre utile, magari per sopperire a difficoltà sul lavoro o negli studi”.
Secondo Be Free c’è un altro aspetto da non sottovalutare: “Il risarcimento – dicono dalla cooperativa – è un riconoscimento che oggettivamente la persona ha patito un danno grave, di portata infinita”. Quel danno è toccato anche alla ventenne stuprata in Abruzzo. Come tutte le vittime di violenze, merita innanzitutto giustizia: ma merita anche di essere aiutata economicamente, e d’ora in poi potrebbe essere lo Stato a doverci pensare.
http://blog.panorama.it/italia/2012/02/13/violenze-sessuali-la-sentenza-di-torino-se-il-colpevole-non-puo-risarcire-deve-farlo-lo-stato/
—