Uomo, accusato di aver ucciso la moglie a sassate. La figlia veniva invece ferita a sprangate dal fratello

Pachistano uccide moglie a sassate
La figlia ferita a sprangate dal fratello
Le due donne si opponevavano a un matrimonio combinato. Il delitto in un appartamento di Novi di Modena. La donna aveva 46 anni. La ragazza ricoverata in ospedale.

Una donna pakistana è morta e la figlia è stata gravemente ferita a sassate al termine di un litigio dal marito e padre e dal figlio e fratello nella loro abitazione di via Bigi Veles a Novi di Modena. Pare che il motivo fosse la ribellione della giovane, 20 anni, a un matrimonio combinato.

La madre avrebbe preso le sue difese e sarebbe stata uccisa con una pietra, mentre la figlia sarebbe stata colpita a sprangate.

La donna morta si chiamava Begm Shnez, aveva 46 anni. A ucciderla a sassate sarebbe stato il marito, Butthamad Kahn, 53 anni mentre il figlio di 19 anni avrebbe ferito a sprangate la sorella, portata poi all’ospedale di Baggiovara.

Il delitto è avvenuto nel cortile dell’edificio di via Bigi Veles 38, nel centro abitato di Novi, in cui vivono anche gli altri tre figli della coppia. I due più piccoli sarebbero stati in casa al momento della lite, la terza, la più grande dei tre, sarebbe stata altrove. Sembra prendere sempre più consistenza l’ipotesi che a scatenare il tutto sia stata la relazione imposta alla ventenne, che non l’avrebbe accettata

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2010/10/03/news/modena_dramma_in_una_famiglia_pachistana_uccisa_la_madre_si_opponeva_a_nozze_combinate-7684710/?ref=HREC1-3

A NOVI, IN PROVINCIA DI MODENA. IN UNA FAMIGLIA PAKISTANA
Rifiuta il matrimonio combinato
Lite in famiglia, padre uccide la moglie
La ventenne si sarebbe opposta a un matrimonio combinato e la madre avrebbe preso le sue difese

NOVI (Modena) – Una donna pakistana è morta e la figlia è stata gravemente ferita al termine di un lite famigliare con il marito e l’altro figlio della coppia, avvenuto intorno alle 16,3o di domenica nella loro abitazione a Novi, in provincia di Modena. Pare che il motivo fosse la ribellione della giovane, 20 anni, a un matrimonio combinato. La madre avrebbe preso le difese della giovane e sarebbe stata uccisa con una pietra dal marito cinquantenne, mentre la figlia sarebbe stata colpita a sprangate, non si sa ancora se con l’aiuto del fratello 19enne. La donna, 46 anni, è morta mentre la figlia è grave, ma non verserebbe in pericolo di vita.

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_03/modena-dramma-famiglia-pakistan_9fa96486-cf16-11df-92c2-00144f02aabe.shtml

Madre e figlia massacrate, si opponevano a un matrimonio combinato

*

Begm Shanez è stata uccise a mattonare dal marito, Nosheen, la figlia di Begm, è stata ferita gravemente con una spranga dal fratello. Nosheen si rifiutava di accettare un matrimonio combinato dal padre e la madre cercava di difenderla. Ci troviamo a Novi di Modena, dove viveva la famiglia pachistana. Un fatto che ci ricorda altre due morti orrende, quella di Hina e di Sanaa. La situazione è sempre la stessa: donne che cercano la loro libertà e i maschi della famiglia che glielo impediscono in nome della loro tradizione patriarcale. Pochi giorni prima una donna indiana si è data fuoco vicino a Cremona, aveva perso il lavoro, avrebbe dovuto tornare a casa per un matrimonio combinato. Il fatto non ha suscitato grandi clamori, forse perché non è stata uccisa, ma il dramma è lo stesso. La nostra società non garantisce nessuna protezione, nessun aiuto a queste donne, sono abbandonate alla violenza di chi vuole decidere della loro vita. Dopo la morte di Sanaa avevamo deciso di non permettere più che questo succedesse e invece è successo e i nostri progetti di costituire una rete di protezione non è ancora andata in porto, non possiamo più aspettare.

di giuliana
pubblicato il 4 ottobre 2010

http://blog.ilmanifesto.it/islamismo/2010/10/04/madre-e-figlia-massacrate-si-opponevano-a-un-matrimonio-combinato/

[Esplora il significato del termine: Il ministro lo chiederà ai giudici del processo contro Hamad Khan Butt, La Carfagna parte civile contro il pakistano che ha ucciso la moglie «È un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro» Il ministro lo chiederà ai giudici del processo contro Hamad Khan Butt, La Carfagna parte civile contro il pakistano che ha ucciso la moglie «È un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro» (Ansa) (Ansa) ROMA – Il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, chiederà di essere ammessa parte civile nel processo contro Hamad Khan Butt, l’uomo di origine pakistana che a Novi, nel Modenese, ha ucciso a colpi di pietra la moglie, ritenuta colpevole di difendere la loro figlia che si ribellava a un matrimonio combinato. «Anche questo è un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro ogni volta che vedono lesa la libertà e il diritto di essere cittadine libere» ha detto il ministro. «Chi compie violenze e abusi contro le donne, chi addirittura pensa di disporre della loro vita, non può e non deve trovare accoglienza nel nostro Paese, perché‚ l’Italia rifiuta e respinge con decisione qualunque forma di prevaricazione degli uomini sulle donne. E, non a caso, punisce severamente chi, italiano o no, si macchia di questo genere di reati. Non ci sono alibi o scusanti dinanzi a questi ] Il ministro lo chiederà ai giudici del processo contro Hamad Khan Butt,
La Carfagna parte civile contro
il pakistano che ha ucciso la moglie
«È un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro»

Il ministro lo chiederà ai giudici del processo contro Hamad Khan Butt,

La Carfagna parte civile contro
il pakistano che ha ucciso la moglie

«È un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro»

(Ansa)
(Ansa)
ROMA – Il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, chiederà di essere ammessa parte civile nel processo contro Hamad Khan Butt, l’uomo di origine pakistana che a Novi, nel Modenese, ha ucciso a colpi di pietra la moglie, ritenuta colpevole di difendere la loro figlia che si ribellava a un matrimonio combinato. «Anche questo è un modo per essere vicina alle giovani immigrate, per far capire che il nostro Paese è con loro ogni volta che vedono lesa la libertà e il diritto di essere cittadine libere» ha detto il ministro. «Chi compie violenze e abusi contro le donne, chi addirittura pensa di disporre della loro vita, non può e non deve trovare accoglienza nel nostro Paese, perché‚ l’Italia rifiuta e respinge con decisione qualunque forma di prevaricazione degli uomini sulle donne. E, non a caso, punisce severamente chi, italiano o no, si macchia di questo genere di reati. Non ci sono alibi o scusanti dinanzi a questi “deliri patriarcali».

APPELLO AI GIUDICI – «Faccio appello alla magistratura – conclude Carfagna – perché‚ giudichi senza sconti gli autori di questa tragedia. E alle giovani straniere, che nel nostro Paese stanno costruendo il loro futuro, voglio ribadire con forza che devono denunciare ogni sopruso, liberarsi appena possono, e farlo prima che si verifichino tragedie come questa, o quella di Hiina o quella di Sanaa».

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_04/carfagna-parte-civile_6ef08304-cfa9-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml

MODENA
Lei difende la figlia: “No nozze imposte”
Donna uccisa dal marito a sassate
Un nuovo ‘caso Hina’: tragedia in una famiglia pachistana per un rifiuto a delle nozze combinate. Padre e figlio hanno punito a sprangate la moglie e la figlia
di LUIGI SPEZIA
MODENA – Uccide la moglie e riduce in fin di vita Nosheen, la figlia di vent’anni, che non ne voleva sapere di frequentare un ragazzo della sua nazionalità e magari di sposarlo, con un classico matrimonio combinato. Una violenta lite in una famiglia pakistana a Novi di Modena, uno scontro tra il desiderio di libertà di una ragazza, studentessa in un istituto tecnico, e la tradizione chiusa e intollerante verso ogni atteggiamento di “modernità”. Quasi la fotocopia del caso di Hina, la ragazza del Pakistan che viveva a Sarezzo di Brescia, uccisa dal padre nell’agosto di quattro anni fa con l’appoggio di tutta la famiglia, compresa la madre, perché aveva un fidanzato italiano. Questa volta a morire non è stata la figlia, anche lei, come Hina Saleem, colpevole di voler scegliere il proprio destino e vivere all’occidentale, ma la madre, Begm Shnez, di 46 anni, che aveva osato prendere le sue difese, vista quindi come una traditrice da Ahmad Khan Butt, operaio di 53 anni, fermato dai carabinieri della compagnia di Carpi insieme al figlio maggiore, Humair, 19 anni. Il ragazzo ha partecipato all’eccidio familiare.

Per una parte dei pakistani è una questione di onore (“izzat”) il modo di vestire e il comportamento della figlia in vista del matrimonio combinato. Ma Nosheen, ormai ventenne, si era ribellata a questa imposizione, a differenza di tante altre ragazze immigrate. Il litigio mortale è scoppiato nell’orto dell’edificio dove vive la famiglia, nel centro di Novi, al confine con il Mantovano, in una via tutta di palazzine ottocentesche ben tenute, abitate da pakistani e cinesi. Urla furibonde sono state sentite da parecchi vicini di casa, da un bar vicino si sono anche avvicinati, ma i pakistani hanno spiegato che era un fatto privato.

Nosheen, che abita con alcune amiche a Carpi dove studia, sembra sia stata chiamata dal padre nella casa, dove c’erano altri due figli minorenni. Lei di nuovo si è opposta alle richieste del genitore. Tempo fa la madre aveva già avvisato i carabinieri dei contrasti in casa e delle violenze del marito, ma non aveva presentato denuncia. Quella di ieri è sembrata una resa dei conti: il fratello ha ferito con una spranga la sorella, e la madre che ha cercato di difenderla è stata colpita a colpi di mattone. Portati in caserma, padre e figlio hanno fatto scena muta. “Conflitti che possono sfociare in aperta violenza sono destinati ad aumentare con l’aumento della scolarizzazione dei giovani pakistani che vivono in Italia e acquisiscono nuove abitudini – dice amaramente Ahmad Ejaz, direttore a Roma della rivista in lingua urdu “Azad” (Libertà) -. Non c’entra l’Islam, questi comportamenti dei capifamiglia affondano le radici nel sistema delle caste chiuse indiane, in un mondo rurale in cui far sposare la figlia al primo cugino significa preservare la proprietà delle terre”.

La tragedia che ha coinvolto una famiglia pakistana, nella quale ha perso la vita la madre di una giovane donna – presa a sua volta sprangate dal fratello – che si opponeva a un matrimonio combinato è, purtroppo, un classico delitto “culturale”. Un delitto che farà dire a molti che vi è una totale incompatibilità tra cultura occidentale e quella di alcuni gruppi etnici e religiosi. In realtà il tragico episodio di Novi di Modena rivela, come già in altri drammatici casi, le trasformazioni in corso nelle enclave etniche in Europa, Italia compresa, alle prese con una forte soggettività femminile. Il rifiuto della giovane, ennesimo episodio di rivolta delle figlie pagato con il sangue, mette in crisi l’usanza pakistana di allargare, attraverso il matrimonio combinato, il sistema di relazioni comunitarie ed economiche che la diaspora del “Paese dei Puri” mette in pratica anche nel Vecchio Continente. Un sistema che le giovani donne, a contatto con la cultura europea, con i gruppi dei pari, con le agenzie di socializzazione come scuola e mezzi di comunicazione di massa, oltre che con la secolarizzazione, tendono a rifiutare. Mettendo a dura prova l’esercizio di un’autorità maschile che, fuori da un contesto in cui non vi è evidenza sociale, riesce difficilmente a mantenere legittimità. É dunque dal comportamento quotidiano di queste donne, quelle che perdono la vita e quelle che faticosamente riescono nel loro intento liberatorio, che viene il mutamento e la salvezza. Spezzare i particolarismi etnoreligiosi quando tendono a limitare la libertà dei singoli nel gruppo, anche quella di fuoriuscire dalla religione o dalla consuetudine, è un compito essenziale di una società democratica. Ma l’antidoto non è la separazione obbligata teorizzata dagli xenofobi locali, che rafforza quella separatezza che, a parole, si vorrebbe veder scomparire, bensì l’interazione tra culture, l’unica capace, al di là della via normativa, di produrre mutamento culturale. Delitti di questo tipo saranno tanto meno frequenti quanto più la società italiana riuscirà a definire una convivenza in cui i diversi gruppi etnici e religiosi presenti nel territorio entreranno in contatto tra di loro. L’alternativa è la chiusura etnica, il riprodursi di culture ostili l’una all’altra. Insomma il peggio, del quale le prime vittime saranno sempre le donne.

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/04/news/lei_difende_la_figlia_no_nozze_imposte_donna_uccisa_dal_marito_a_sassate-7703340/

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