Spiata e minacciata da due anni. Lei teme per i suoi figli!

Da due anni spiata e minacciata: “Ho paura, anche per i miei figli”
Il racconto scioccante di una donna bassomolisana, divorziata e madre di tre ragazzi, che ha già sporto diverse denunce per episodi di stalking virtuale e reale e che chiede risposte per “tornare a vivere, uscire da questo inferno”. Dai messaggi di posta elettronica osceni alle telefonate minatorie, fino a topi sgozzati lasciati davanti casa e tentativi di effrazione. “Non mi invento nulla, è tutto dimostrabile.

Da due anni, sostiene, è costantemente tenuta sotto controllo. Ma quella che all’inizio poteva passare per “attenzione morbosa” si è rivelata, col passare del tempo, uno stalking in piena regola e con risvolti drammatici. Spiata, molestata, minacciata. Anche di morte. Prima tramite internet, poi al telefono, negli ultimi mesi con il supporto di topi sgozzati che il persecutore le ha lasciato sull’uscio di casa. Sembra la trama di un film, ma per Elisa (il nome è di fantasia per evidenti ragioni di privacy), cinquant’anni, residente in un comune basso molisano, è la vita vera che assume il sapore amaro dell’incubo.

Quello che la donna, divorziata e madre di tre figli giovani, poteva fare per tutelare la sua serenità e la sua incolumità, è stato fatto. Diverse denunce alla polizia postale (per gli spetti collegati al web) e ai carabinieri per quanto riguarda alcuni inquietanti episodi accaduti realmente: ratti trafitti da coltelli abbandonati sulla porta di casa, oscenità e minacce telefoniche, perfino un tentativo di effrazione che risale a poche settimane fa.

Tuttavia la giustizia e le attività investigative hanno tempi lunghi, e lei non può più permettersi di aspettare inerte qualche auspicato – e non necessariamente probabile – “sviluppo nelle indagini”. Da qui la decisione di rendere pubblico il suo racconto, come ultima spiaggia per sensibilizzare gli inquirenti e chiedere aiuto.
«Non vivo più, non mi riconosco più. Ho paura, e non solo per me, ma anche per i miei figli».
Elisa è spaventata, ma ha in mente con chiarezza il susseguirsi di quegli eventi che hanno trasformato «la mia vita di donna e soprattutto madre impegnata in un inferno».

Tutto è cominciato nell’estate 2009, quando spinta dalla curiosità si è iscritta a una chat di incontri. Ha una buona dimestichezza con il pc, essendo anche uno strumento di lavoro, e quel portale le è sembrato del tutto innocuo.
«Ho incontrato una persona, un uomo, che non ho mai visto dal vivo, col quale è nata una bella amicizia. Chiacchieravamo, ci scambiavamo impressioni e opinioni. Insomma, un rapporto virtuale come tanti. Fino a quando ho scoperto che quella persona, della quale conoscevo la reale identità, aveva un passato molto torbido, con guai anche con la giustizia. Gli ho rivelato di aver scoperto alcune cose sul suo conto, e da quel momento ho perso le sue tracce. Lui ha smesso di rispondere e cercarmi. E’ stato allora che sono cominciati i dispetti».

Che tipo di dispetti?
«Sono certa, e l’ho anche dichiarato alla polpost mettendo a disposizione il computer, che qualcuno si è introdotto nel mio sistema. Vedevo le icone spostarsi, aprivo le mie cartelle e trovavo fotografie oscene che io non possiedo, quando ascoltavo musica il volume si alzava o si abbassava senza che io facessi nulla, a volte cambiavano anche i brani, di colpo».
Lei ha continuato, in questo periodo, a frequentare la chat?
«Sì, volevo capire se potesse esistere un collegamento. E difatti sono stata avvicinata da utenti il cui nick name (nome in codice) indicava chiaramente che tipo di abbigliamento indossavo, alcuni particolari della mia casa che un estraneo non potrebbe conoscere. A meno che io non sia spiata dentro le pareti domestiche».

Elisa, lei queste cose le ha raccontate agli inquirenti?
«Certo, la prima denuncia risale all’autunno 2009, quando i dispetti sono diventati uno stalking vero e proprio. Ho cominciato a ricevere messaggi inequivocabili, frasi oscene, offensive. Minacce»

Che tipo di minacce?
«”stai attenta”, “farai una brutta fine”, cose del genere. Sia sul computer domestico che su quello dell’ufficio. La cosa peggiore è che a un certo punto, quando ho smesso di collegarmi e ho fatto staccare la linea Asdl, le minacce sono arrivate via telefono. Sul fisso e anche sul telefonino. Arrivavano tramite una voce femminile oppure una risata stridula, che sembrava uscita da un film horror».

Arrivavano o arrivano ancora?
«Arrivano ancora, tanto che oltre ad aver tolto il pc per disperazione, pronto per consegnarlo agli investigatori, ho tolto il telefono e ho acquistato un altro cellulare il cui numero ce l’hanno solo i miei figli. Che sono spaventati quanto me, e stanno soffrendo moltissimo per questa situazione. E’ assurdo che una famiglia si debba ridurre a vivere con l’incubo di una telefonata minatoria e infarcita di parolacce, o peggio ancora….».

Peggio ancora che significa?
«Alla fine di marzo è successo qualcosa che mi ha davvero messa in allarme. Mia figlia ha ritrovato nel bidone dell’umido appena svuotato un topo con un coltello conficcato in gola.
Cala Sveva – Estate 2011
Qualche ora più tardi, nella stessa giornata, un altro topo morto, stavolta con un coltello di plastica, è stato depositato davanti casa. Sono andata dai carabinieri, terrorizzata. Ho fatto denuncia e quando sono rientrata ho trovato un terzo ratto davanti casa, così ho richiamato i carabinieri che lo hanno visto anche loro. In tutto questo continuavano ad arrivare telefonate anonime. La voce dall’altra parte della cornetta rideva in un modo agghiacciante. Può immaginare come sto, che inferno viviamo a casa».

Lei ha qualche sospetto sul responsabile di questi episodi?
«Non credo che sia una sola persona, non sarebbe possibile. Ma non so davvero che pensare. La mia vita è sempre stata tranquilla, normalissima. Non ho scheletri nell’armadio, non ho segreti. Chiunque, a maggior ragione i carabinieri e la polizia, possono prendere atto di come ho vissuto finora. Io ho paura di essere spiata, mi è perfino venuto il dubbio di avere qualche apparecchio tecnologico in casa che mi tiene sotto controllo, perché non è possibile che il persecutore o i persecutori sappia sempre esattamente cosa indosso, cosa ho fatto, dove sono stata. Ho chiesto una bonifica ambientale, ma mi è stato risposto che serve un ordine del giudice».

Si sente vulnerabile? Non sufficientemente protetta?
«Sì, mi sento in pericolo. Soprattutto dopo l’episodio del muro rotto. Risale a poco tempo fa. Sono stata con i miei figli alla Notte Bianca delle Scuole a Termoli, e al ritorno abbiamo scoperto che il muro in concomitanza con il tubo di scarico del bagno era stato rotto dall’esterno con qualcosa di appuntito. E’ un primo piano, quindi facilmente raggiungibile. Anche in quell’occasione ho chiamato i carabinieri, che hanno documentato e fotografato il tutto. E anche in quel caso sono arrivate telefonate nelle quali si sosteneva che ci stavano avvelenando. Non ce la faccio più, davvero».

Chiede più attenzione?
«Chiedo delle risposte. Non mi possono dire “signora, lei ha bisogno di un sostegno psicologico”. Io non sono pazza, non mi invento nulla. So distinguere perfettamente lo stato d’ansia, che è anche frutto della suggestione, dalla paura per qualcosa che non mi riesco a spiegare ma che ha cambiato drasticamente la mia vita. E dallo psicologo ci andrei pure, ma non ho denaro sufficiente per permettermi questo lusso. Io chiedo solo di tornare a vivere come prima, di non sentirmi spiata, né minacciata, di non dover temere che succeda qualcosa ai miei ragazzi».

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