Pedofilia, processo di Rignano a rischio
La rabbia di genitori e insegnanti
Probabile sit-in davanti al Tribunale di Tivoli e appello ad
Alfano. I familiari delle maestre sotto accusa: è una tortura
ROMA – «Dopo i bambini si violenta la giustizia». Così la mamma di una delle piccole vittime dei presunti casi di pedofilia nella scuola materna Olga Rovere di Rignano Flaminio, ha voluto commentare il probabile stop al processo in corso al Tribunale di Tivoli. I genitori dei bambini stanno organizzando una maxi manifestazione di piazza che dovrebbe svolgersi il prossimo 4 luglio davanti alla sede giudiziaria del comune laziale. Quel giorno sarà ufficializzata la sospensione del giudizio che vede imputate cinque persone – le maestre Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del Meglio, l’autore tv Gianfranco Scancarello e la bidella Cristina Lunerti – a causa della messa “fuori ruolo” di uno dei componenti del collegio giudicante per consentirgli di adempiere all’incarico di membro esaminatore al concorso in magistratura.
Secondo quanto si è appreso, due famiglie dei bambini costituiti parti civile, stanno contattando gli altri genitori per ritrovarsi a manifestare davanti al tribunale tiburtino. Non solo; essendo ormai sul piede di guerra, si apprestano ad inviare una lettera al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per chiedergli di adottare tutti i provvedimenti opportuni per evitare che il processo subisca una brusca frenata e assicurare un collegio giudicante stabile che possa portare a conclusione il dibattimento.
«Quello che sta accadendo in questo processo è inaudito – ha commentando l’avvocato Pietro Nicotera, uno dei legali di parte civile – Non è possibile distaccare un giudice di un processo del genere dove ci sono ancora da ascoltare circa 400 testimoni. Questo significa che non si arriverà mai a una sentenza, di qualunque genere, perchè in un tribunale come quello di Tivoli non si riesce ad assicurare una continuità di servizio dei magistrati che arrivano e ripartono dopo circa un anno per luoghi a loro più congeniali. La prossima udienza, il 4 luglio, quindi, si concluderà con un nulla di fatto, in quando non sappiamo neanche se arriverà un nuovo giudice».
I«Ai nostri figli – ribadisce la madre della bimba – viene negata la giustizia. È la seconda violenza che subiscono pur avendo tra i 10 e gli 11 anni d’età». A suo avviso la sospensione del processo sarebbe un fatto gravissimo anche nei confronti degli imputati. «Noi abbiamo la certezza che i bambini hanno subito violenze e che hanno molto sofferto. Ad accertare chi ha inferto loro le sofferenze deve però essere la giustizia. Hanno quindi il diritto di essere processati». Alla domanda su come stia la figlia, risponde: «Sta meglio, la seguiamo costantemente. Dovrebbe aver definitivamente superato il trauma subito».
Ma lo stop del giudizio è un brutto colpo non solo per chi cerca un colpevole a delle presunte violenze. C’è anche chi vorrebbe dimostrare al più presto la propria estraneità alle accuse: «Vogliamo che la nostra innocenza sia riconosciuta al più presto. Persone per bene come noi, ingiustamente accusate da sei anni di reati ignobili, non possono essere torturate all’infinito. Vogliamo essere giudicati al più presto». Queste le parole dei familiari di Silvana Magalotti, una delle tre maestre accusate, insieme al marito di una di loro e a una bidella, di pedofilia. «È vero che la gente del posto, che ci conosce e ci stima ci ha assolto fin dal primo momento, anzi non ha mai creduto alle accuse, e che questo ha aiutato le maestre a ritrovare un pò di serenità, ma è indispensabile che sia la giustizia a mettere la parola fine a questa storia e che lo faccia al più presto».
Dello stesso parere i familiari di Marisa Pucci, l’altra maestra residente a Rignano Flaminio. «Immaginate cosa potrebbero provare gli imputati, innocenti, a ricominciare il processo, gli interrogatori dei testimoni, dei periti, la pressione mediatica. Sarebbe un’altra lunga insopportabile tortura. In un paese civile non si può sospendere un processo di questa importanza perchè uno dei magistrati ottiene un altro incarico, per di più provvisorio».
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