Stupro L’Aquila: lui viene rilasciato e lei vuole emigrare!

Stupro nell’aquilano:vittima, valuto di andare via da Italia
Ragazza, tanta rabbia e amarezza per scarcerazione aggressore

(ANSA) – L’AQUILA, 9 GIU – ”Provo tanta rabbia e amarezza, stavo cercando di riorganizzare la mia vita, magari spostandomi in una citta’ che non fosse L’Aquila, ma alla luce di questo fatto valutero’ seriamente la possibilita’ di trasferirmi in un Paese che non sia l’Italia”. Cosi’ la studentessa laziale stuprata nella notte tra l’11 e il 12 febbraio scorsi in una discoteca dell’Aquilano sulla concessione degli arresti domiciliari al suo aggressore, il 21enne Francesco Tuccia, accusato di violenza sessuale e tentato omicidio.

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/abruzzo/2012/06/09/Stupro-aquilano-vittima-valuto-andare-via-Italia_7009421.html

Stupro, l’appello di una madre
«La vittima non ha voce, la voce
delle vittime è l’opinione pubblica»

Può il sentimento di un’ingiustizia subita ledere il senso di appartenenza a una comunità?

Per la ragazza che era stata vittima dello stupro di febbraio, quello nei pressi della discoteca aquilana «Guernica», sì. È possibile. Anzi, è quello che le sta accadendo, spiega.

Venerdì il giudice ha concesso gli arresti domiciliari a Francesco Tuccia, l’ex caporale dell’esercito arrestato per quello stupro (per lui, a causa della gravità delle lesioni riportate dalla sua vittima si era ipotizzato anche il tentato omicidio). E ora la ragazza — vent’anni, studentessa della provincia di Roma — confida:

«Alla luce di questo fatto valuterò seriamente la possibilità di trasferirmi in un Paese che non sia l’Italia». «Stavo cercando di riorganizzare la mia vita», è la sua premessa.

Tre mesi per girare pagina dopo il trauma. Uno stupro, per giunta, con sevizie: il suo violentatore, dopo averle scaricato addosso calci e pugni, la seviziò con una spranga di ferro. Così, per sfregio.

Alle tre del mattino, dopo aver chiuso il suo locale, fu il proprietario del «Guernica», Luigi Marronaro, a trovarla su un mucchietto di neve sanguinante e quasi assiderata. Sola: «Ho avuto paura che fosse morta», raccontò l’uomo. Invece la ragazza era viva. Interventi chirurgici, degenza ospedaliera, convalescenza in famiglia. Qualche progetto. L’idea di tagliare i ponti con L’Aquila. Ma comunque pian piano si stava sforzando di rimettere assieme i pezzi.

Nel frattempo le indagini, partite dai buttafuori del locale e approdate a tre militari del 33° Reggimento di Artiglieria «Acqui» impegnato nello smaltimento delle macerie del sisma. I rilievi tecnico-scientifici sui jeans di Tuccia, le proteste del ragazzo («era consenziente»). E, infine, l’arresto chiesto dal pm della Procura dell’Aquila David Mancini.

Tutto sopportato «benché insopportabile», ha sottolineato anche la mamma della ragazza.

E tutto, in un certo senso, messo in conto, almeno fino alla scarcerazione di venerdì. Una decisione che la umilia, dice.

Peggio: mortifica il suo rapporto fiduciario con le istituzioni, il suo sentimento di appartenenza alla comunità. La fa sentire ulteriormente esposta, confida. Quasi una violazione del contratto che lega un cittadino al proprio Paese. Al punto da volersene andare dall’Italia.

«Questo perché — prosegue — non vorrei che un giorno mia figlia potesse dover sopportare e subire tutto quello che sto subendo io e rimanere priva di tutela da parte dello Stato». Lo ammette: «Provo rabbia e amarezza, non riesco a comprendere il perché di questa decisione dei giudici dell’Aquila», conclude.

Accanto a lei la madre, che ha affidato a Facebook la propria delusione: «Al di là di qualsiasi considerazione tecnica — ha scritto la donna — il messaggio che viene trasmesso è che tutto si può fare, tanto…». Niente giustizia insomma. E ancora, sempre la mamma: «Ricordate che la vittima non ha voce e che la voce delle vittime è l’opinione pubblica». Un nuovo grido d’aiuto, tre mesi dopo.

http://27esimaora.corriere.it/articolo/stupro-lappello-di-una-madre«la-vittima-non-ha-voce-la-vocedelle-vittime-e-lopinione-pubblica»/

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