Stupro di gruppo: no al carcere per la Consulta
Esclusa la detenzione quando si possono applicare misure alternative
No alla custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale di gruppo qualora il caso concreto consenta di applicare misure alternative. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, terzo periodo, del Codice di procedura penale. La decisione segue quanto già stabilito in relazione ad altri reati, tra cui il traffico di stupefacenti, l’omicidio, e delitti a sfondo sessuale e in materia di immigrazione.
http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_23/stupro-misure-alternative_464e2380-f3ae-11e2-8b7b-cca7146f8a5e.shtml
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Stupro di gruppo e custodia in carcere
La Consulta dà l’ok alle pene alternative
Richiamando anche precedenti decisioni la Consulta ricorda come «la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del minore sacrificio necessario
Bocciata la norma che prevedeva
la reclusione come unica opzione:
«Se le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure
il giudice ha il diritto di applicarle»
No alla custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale di gruppo qualora il caso concreto consenta di applicare misure alternative. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, terzo periodo, del codice di procedura penale.
La norma “bocciata” dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.232 depositata oggi, relatore il giudice Giorgio Lattanzi, prevede che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il delitto di violenza sessuale di gruppo si applica unicamente la custodia cautelare in carcere. Ora la Consulta ha stabilito che, se in relazione al caso concreto, emerga che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, il giudice può applicarle. Nella sentenza, peraltro, la Corte conferma la gravità del reato, da considerare tra quelli più «odiosi e riprovevoli». Ma la «più intensa lesione del bene della libertà sessuale», «non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata», scrive la Corte.
Alla base del pronunciamento una questione di legittimità sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di Salerno. Richiamando anche precedenti decisioni la Consulta ricorda in sentenza come «la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del “minore sacrificio necessario”: la compressione della libertà personale deve essere, pertanto, contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. Ciò impegna il legislatore, da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della “pluralità graduata”, predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale, e, dall’altra, a prefigurare criteri per scelte “individualizzanti” del trattamento cautelare, parametrate sulle esigenze configurabili nelle singole fattispecie concrete».
http://www.lastampa.it/2013/07/23/italia/politica/stupro-di-gruppo-e-custodia-in-carcere-la-consulta-d-lok-alle-pene-alternative-SfmfMGZ9K61SoOZAmENeDJ/pagina.html
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Vedi anche:
Stupratori in libertà. Non è proprio così, ma certo la sentenza della corte di Cassazione secondo cui nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato (applicando misure cautelari alternative), ha un suono amaro per le donne. Un cambiamento dovuto a un’interpretazione estensiva di una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, in base alla quale la suprema Corte ha annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere – ritenendo che fosse l’unica misura cautelare applicabile – per due giovani accusati di violenza sessuale di gruppo. Il fascicolo è stato rinviato allo stesso giudice perché faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell’interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.
Nel 2009, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale dopo che gli episodi si erano moltiplicati creando un diffuso allarme sociale non era consentito al giudice (salvo esigenze cautelari) applicare, ai presunti stupratori (con a carico gravi indizi di colpevolezza) misure cautelari diverse dal carcere. Ma la Corte Costituzionale, nell’estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere «nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure».
Ora la terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.4377/12) ha stabilito che i principi interpretativi che la Corte Costituzionale ha fissato per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni sono applicabili anche agli stupri di gruppo dal momento che quest’ultimo reato «presenta caratteristiche essenziali non difformi» da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio.
E le donne insorgono. «Una sentenza lacerante, che fa discutere», è il commento di Barbara Pollastrini, del Pd. «Perché, da una parte si intuiscono le ragioni legate agli articoli 3, 13 e 27 della Costituzione. Ma, per quanto mi riguarda, finisce per stridere innanzi a quel reato così disumano e annichilente». «Il punto, continua, non è volersi vendicare ma poter avere fiducia che si compia sino in fondo giustizia. Leggerò con attenzione la sentenza della corte – conclude l’ex ministro per le Pari opportunità – ma, ora, il mio pensiero va a quella giovane donna e insieme a lei alle altre che sono state offese e violate». Per Mara Carfagna la sentenza è «impossibile da condividere». «Manda un messaggio sbagliato», spiega l’ex ministro per le Pari Opportunità. «Le aggravanti per i reati di violenza sessuale furono introdotte proprio per evitare lo scempio della condanna senza un giorno di carcere per chi commette un reato grave come questo».
La Cassazione, occupandosi di una violenza di due diciannovenni su una minorenne avvenuta a Cassino, ha accolto il ricorso di R.L. e di L.B. nei confronti dei quali il tribunale di Roma, il 5 agosto 2011, aveva confermato la custodia in carcere. I due giovani erano stati denunciati dalla squadra mobile di Frosinone dopo il racconto della ragazzina. La minorenne aveva trascorso la serata in un pub e stava tornando a casa a piedi assieme alla sorella maggiorenne, che poi però aveva proseguito da sola. La ragazza era stata avvicinata dai due, che l’avevano fatta salire in auto, portandola poi in una zona di campagna e violentandola a turno. Il gip aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare per i due diciannovenni con l’accusa di violenza sessuale di gruppo.
http://www.lastampa.it/2012/02/03/italia/i-tuoi-diritti/responsabilita-e-sicurezza/stupro-di-gruppo-carcere-facoltativo-vXOjemm2OLjhx9zhNhP46M/pagina.html
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Consulta: “Per stupro di gruppo
no a carcere preventivo obbligatorio”
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275 comma 3 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere per gli accusati di stupro di gruppo. Valutare caso per caso l’adozione di misure alternative
Lo leggo dopo
La Corte Costituzionale
ROMA – Non si può imporre per legge la custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale di gruppo, ma occorre valutare caso per caso se siano possibili misure alternative alla detenzione. Anche quando sussistono gravi indizi di colpevolezza. Lo ha stabilito la Consulta, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275 comma 3 del codice di procedura penale, come modificato dal decreto legge 11/2009.
“MINORE SACRIFICIO NECESSARIO” – Alla base dell’intervento della Corte Costituzionale una questione di legittimità sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di Salerno. “Ciò che vulnera i parametri costituzionali – si legge nella sentenza n.232 depositata oggi – non è la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto, che implica una indiscriminata e totale negazione di rilevanza al principio del ‘minore sacrificio necessario'”.
I PRECEDENTI – Un orientamento che la Consulta aveva già espresso con la sentenza n. 265 del 2010, dichiarando l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, “per i reati di induzione alla prostituzione minorile o di favoreggiamento o sfruttamento della stessa, di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne”.
Sulla stessa linea si era posta la Corte di Cassazione con una sentenza dello scorso febbraio che aveva suscitato diverse polemiche.
http://www.repubblica.it/cronaca/2013/07/23/news/consulta_stupro_di_gruppo_no_al_carcere_preventivo-63559561/
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segnaliamo che su questa sentenza un commento preciso fu scritto da barbara spinelli:
http://femminicidio.blogspot.it/2012/02/la-cassazione-sullo-stupro-di-gruppo.html