Lei denunciò la ‘ndrangheta. Il suo ex compagno la fa sciogliere nell’acido

LEA GAROFALO AVEVA RINUNCIATO ALLA PROTEZIONE, SPARITA NEL NOVEMBRE 2009
Sei arresti per la donna che denunciò
la ’ndrangheta. Uccisa e sciolta nell’acido
L’omicidio è stato organizzato dal suo ex compagno, Carlo Cosco, dopo averla attirata a Milano

MILANO – Sono sei le ordinanze di custodia cautelare in carcere notificate nella notte nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa della collaboratrice di giustizia calabrese Lea Garofalo, uccisa e sciolta nell’acido in un terreno a Monza San Fruttuoso. Nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari si ritiene che l’omicidio della donna sia stato una vera e propria «esecuzione». Gli arresti sono stati eseguiti tra Lombardia, Calabria e Molise e sono in corso perquisizioni.

ARRESTI – Lea Garofalo, 35 anni, ex collaboratrice di giustizia e compagna di uno dei soldati della faida dei calabresi di Petilia Policastro (Crotone) trapiantati a Milano, era sparita tra il 24 e il 25 novembre scorsi. Prima di essere assassinata, sarebbe stata «interrogata» dai suoi esecutori. Due mandati di arresto sono stati notificati in cella a Carlo Cosco – 40 anni, coinvolto in inchieste antimafia alla fine degli anni Novanta a Milano e cugino di Vito Cosco, autore della strage di Rozzano (Milano) che lasciò a terra quattro morti per questioni di droga nell’agosto del 2003, ex convivente della donna dalla relazione è nata una figlia ora maggiorenne – e a Massimo Sabatino, 37 anni – spacciatore di Quarto Oggiaro. I due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell’anno scorso, con lo scopo di uccidere la Garofalo per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti, a partire dal 2002, contro alcuni affiliati alle cosche della ‘ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone). Il 24 febbraio scorso erano state arrestate in Molise altre due persone per aver messo a disposizione alcuni capannoni (nel Milanese) dove la donna sarebbe stata portata dopo la scomparsa. Gli altri quattro destinatari del provvedimento sono i fratelli Giuseppe «Smith» Cosco e Vito «Sergio» Cosco, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere.

COLLABORATRICE – La donna nel 2002 aveva iniziato a collaborare con l’Antimafia nelle indagini sulla faida tra i Garofalo e il clan rivale dei Mirabelli. Poi, nel 2006, aveva abbandonato il piano di protezione e lasciato la località segreta dove viveva. Nelle sue dichiarazioni, Lea Garofalo aveva parlato anche degli omicidi di mafia avvenuti alla fine degli anni Novanta a Milano. Come quello di Antonio Comberiati, nel 1995, nel quale era stato coinvolto anche il fratello.

AGGUATO – Secondo l’indagine, Carlo Cosco ha organizzato l’agguato teso a Lea Garofalo proprio mentre questa si trovava a Milano con la figlia. Proprio con il pretesto di mantenere i rapporti con la ragazza, legatissima alla madre, Cosco ha attirato la sua ex a Milano nello stabile di viale Montello 6, un palazzo che ospita molti parenti dei caduti della guerra di mafia. Lo scorso 24 novembre Lea Garofalo partecipò a una riunione di famiglia per decidere dove la figlia avrebbe proseguito gli studi dopo le superiori. Le sue tracce si sono perse nel pomeriggio quando alcune telecamere l’hanno inquadrata nella zona del palazzo e lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale. La figlia e il padre erano alla stazione Centrale ad attenderla insieme al treno che avrebbe dovuto riaccompagnarla al Sud. Almeno quattro giorni prima del rapimento, Cosco aveva predisposto un piano contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove è stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla «con un colpo», sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l’appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell’acido. La distruzione del cadavere ha avuto lo scopo di «simulare la scomparsa volontaria» della collaboratrice e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione.

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_ottobre_18/donna-sciolta-nell-acido-1703973850029.shtml

L CASO
‘Ndrangheta, uccisa e sciolta nell’acido
collaboratrice di giustizia scomparsa
Lea Garofalo era sparita nel febbraio 2010. Ordinanza di custodia cautelare in carcere per sei persone. Il gip: una vera “esecuzione”. La donna, 35 anni, aveva fatto dichiarazioni sulle cosche di Crotone ma non era sotto protezione. Sequestrata mentre si trovava in visita ai parenti a Milano. Il mandante è l’ex convinvente e padre di sua figlia

MILANO – Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia scomparsa a Milano circa un anno fa 1, è stata uccisa e sciolta nell’acido in un terreno a San Fruttuoso, vicino a Monza. E’ quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip milanese Giuseppe Gennari e notificata in queste ore dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano a sei persone. Nel provvedimento del giudice si ritiene che l’omicidio della donna sia stato una vera e propria “esecuzione”.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state chieste dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dai pm Marcello Tatangelo (dda) e Letizia Mannella. Gli arresti sono stati eseguiti tra Lombardia, Calabria e Molise e sono in corso perquisizioni. In base agli accertamenti e alle dichiarazioni di un paio di pentiti, Lea Garofalo, 35 anni, alla quale nel febbraio del 2006 era stato revocato il programma di protezione, tra il 24 e il 25 novembre scorsi, prima di essere assassinata e sciolta nell’acido in un terreno nell’hinterland milanese, sarebbe stata anche interrogata dai suoi assassini.

Dei sei provvedimenti, due sono stati notificati in cella a Carlo Cosco, ex convivente della donna – dalla relazione è nata una figlia ora maggiorenne – e a Massimo Sabatino. I due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell’anno scorso, con lo scopo di uccidere la Garofalo per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti, a partire dal 2002, contro alcuni affiliati alle cosche della ‘ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone).
Gli altri quattro destinatari del provvedimento del giudice Gennari sono i fratelli di Carlo Cosco, Giuseppe detto Smith (gli e’ stato contestato anche lo spaccio di stupefacenti) e Vito detto Sergio, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere.

Secondo l’indagine, Carlo Cosco ha organizzato l’agguato teso a Lea Garofalo proprio mentre questa si trovava a Milano con la figlia. Proprio con il pretesto di mantenere i rapporti con la ragazza, legatissima alla madre, Cosco ha attirato la sua ex nel capoluogo lombardo. Almeno quattro giorni prima del rapimento, ha predisposto un piano, contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove è stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla “con un colpo”, sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l’appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell’acido.

La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di “simulare la scomparsa volontaria” della collaboratrice e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione.
Autori che inquirenti e investigatori hanno identificato in Vito e Giuseppe Cosco, ai quali Lea Garofalo è stata consegnata dagli altri due complici destinatari dell’ordinanza e indicati come i rapitori. L’accusa di omicidio è stata ipotizzata con le aggravanti della premeditazione. A dare l’allarme per prima per la sparizione della donna era stata proprio la figlia della Garofalo e di Cosco.

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/18/news/ndrangheta_delitto-8169689/?ref=HRER1-1

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