Italiano, condannato a 30 anni per aver ucciso l’ex fidanzata. Facebook svela il log della sua connessione e lui perde l’alibi!

Uccise la truccatrice del Petruzzelli
ex fidanzato condannato a 30 anni

BARI – Dieci anni fa, senza tecnologie, la naturale conclusione del processo sarebbe stata un’assoluzione con la vecchia formula per «insufficienza di prove». Ma la prova, quella fondata su indelebili tracce informatiche, è forse l’unica vera causa della condanna a 30 anni di carcere del 35enne Alessandro Angelillo, ritenuto l’autore dell’omicidio dell’estetista 50enne Anna Costanzo (truccatrice del Petruzzelli) avvenuto la notte dell’11 luglio di due anni fa a San Girolamo. Il dispositivo, letto poco dopo mezzogiorno, dal gup Antonio Lovecchio, al termine del rito abbreviato, rincara la dose superando persino la richiesta di condanna del pm Gaetano De Bari, fermatosi a 27 anni e 9 mesi. Il giudice ha forse ritenuto esistente l’aggravante (facendo partire la pena base dall’ergastolo) per la crudeltà del delitto, piuttosto che per la premeditazione già esclusa a gennaio 2010 da una lunga ordinanza del tribunale del Riesame di oltre 60 pagine. Anna Costanzo, ricordiamo, fu uccisa la notte dell’11 luglio del 2009, tra le 2.10 e le 3.30, all’interno della sua abitazione situata in via Casavola n. 3, quasi certamente per un movente passionale o meglio, per una relazione troncata. La donna fu dapprima stordita, forse con un corpo contundente, e poi annegata nella vasca da bagno. L’assassino, secondo la ricostruzione dell’accusa ora plasmata dalla sentenza di primo grado, avrebbe altresì organizzato un tentativo di depistaggio, fallito.

Le indagini in California – Ma cosa può aver convinto il giudice della colpevolezza di Angelillo? In attesa del deposito delle motivazioni della sentenza (è stata riconosciuta una provvisionale di 100mila euro ai fratelli della vittima cui sarà dedicata una scuola di trucco), le carte del processo e, da ultima, la discussione dell’udienza di ieri mattina, portano tutti verso le indelebili indagine elettroniche. A inchiodare Angelillo non sarebbero stato tante le sue prime dichiarazioni rese in questura (inutilizzabili) ma le successive indagini elettroniche che hanno fatto tappa anche in California presso la sede di Facebook, il social network che avrebbe portato in cella il presunto assassino. Angelillo, forse, sarebbe stato processato con maggiori indizi a suo carico, qualora le dichiarazioni rese in questura, nelle ore immediatamente successive al delitto, fossero state acquisite nel rispetto del diritto di difesa.

Quella battuta in questura – Tuttavia, di tutto questo, il processo non ne ha tenuto conto perché di utilizzabile c’è solo un pezzo di intercettazione ambientale – regolarmente autorizzata – nel corso della quale Angelillo, parlando con la zia, riferisce: «… Gliel’ho detto a quelli… di aver avuto un battibecco». E’ la parola battibecco che – come ricostruito a suo tempo dal tribunale del Riesame (presidente Maria Scamarcio, relatore Giovanni Abbattista) – fornisce la chiave di lettura a una serie di accertamenti tecnici che collocano l’uomo esattamente all’ora e nel luogo del delitto. Grazie a una complessa elaborazione dei tabulati di connessione alla rete Internet e dall’incrocio con i dati dei tabulati telefonici che hanno ricostruito i movimenti di Angelillo attraverso le varie celle, l’uomo sarebbe stato letteralmente stretto in una morsa. Gli investigatori della Polizia (determinanti gli accertamenti della Postale), ricostruendo l’accesso al suo profilo Facebook sono riusciti a collocarlo sul luogo del delitto: questo perché, dall’estratto dei «log» forniti dalla sede californiana della società, è emerso che l’indirizzo Ip dal quale si connetteva l’uomo (ogni pc è associato a una linea telefonica), era quello dell’abitazione della Costanzo. Tutto ciò accadeva a partire dall’1.17 fino circa alle ore 3 di quella notte, proprio durante l’ora indicata dal medico legale come momento del delitto (tra le 2.10 e le 3.30). Anna Costanzo, quella sera, rientrò intorno alle 2.20 dopo una serata con amici a Torre a Mare.

Le chiavi di casa – Angelillo, dunque, sarebbe entrato nell’abitazione della Costanzo prima che la donna rincasasse: e ciò perché, a seguito di una relazione durata tre anni, lui era ancora in possesso delle chiavi della casa della donna. Da qui, la ricostruzione di un «improvviso» incontro tra la donna e l’uomo (lei indossava ancora il giubbotto di jeans), quindi il litigio poi degenerato in quella che più comunemente viene detta dolo d’impeto sia pure con la (presunta) aggravante della crudeltà. Subito dopo il delitto, Angelillo – per precostituirsi un alibi – avrebbe postato su Facebook un messaggio – a nome di Anna Costanzo – utilizzando le credenziali della vittima da lui più volte impiegate per compiere accessi abusivi al profilo della donna. Ecco cosa avrebbe scritto: «appena rientrata ho conosciuto tre tipi… verranno?». Come conferma a tale tesi, – è la ricostruzione dell’accusa – l’uomo avrebbe lasciato tre preservativi, non utilizzati (sulla donna non è stata rinvenuta alcuna traccia di violenza sessuale), risultati poi provenire da una casa di meretricio gestito da una straniera conoscente del presunto omicida. Angelillo, dopo il delitto, avrebbe portato via da casa di Anna Costanzo sia il pc sia il telefono.

La telefonata di Fuiano – Ed è proprio quest’ultimo indizio che fornirebbe un ulteriore sostegno al pilastro dell’accusa incastrando definitivamente Angelillo. Alle 12 dell’11 luglio, quindi a circa 10 ore dal delitto, il consigliere comunale Luigi Fuiano, che è il segretario artistico della Fondazione Petruzzelli, avendo casualmente appreso la notizia della morte della Costanzo, incredulo prova a contattarla istintivamente sul cellulare. L’apparecchio squilla ed è questo l’imprevisto che mette fuori strada il presunto assassino: secondo il tracciato delle celle, il telefonino della vittima è a casa di Angelillo. Un dato confermato da due circostanze: quel numero cellulare non avrebbe mai agganciato quella cella, ed inoltre – trattandosi di un Umts – il margine di distanza è contenuto in 700 metri, proprio nel «recinto informatico» della cella di Angelillo. L’apparato, un Nokia, cinque giorni dopo viene trovato da alcuni sub davanti alle coste di Mola. Un dato su tutti: il 12 luglio, il cellulare di una parente del presunto killer viene intercettato in via Calvani, poco distante dal luogo del ritrovamento. Una coincidenza?

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