#18 (Donna) – Sex worker uccisa a coltellate

Ancona, giovane romena uccisa in casa.
E’ stata colpita con molte coltellate
A trovarla in casa, nuda sul letto, è stata un’amica. Gli investigatori indagano anche nell’ambiente della prostituzione

NUMANA – E’ stata uccisa con numerose coltellate, come se il suo assassino fosse stato colto da un raptus di rabbia improvvisa. Nel suo appartamento a Numana, in provincia di Ancona. La vittima, una ragazza di 25 anni, di nazionalità romena, è stata trovata da un’amica della giovane che ha subito avvisato i carabinieri. L’omicidio potrebbe essere accaduto intorno alla mezzanotte mentre il corpo è stato scoperto solo qualche ora più tardi.

La giovane straniera era nuda e distesa sul letto della camera di un appartamento, sembra preso in affitto, a Marcelli di Numana. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Numana che stanno effettuando nel massimo riserbo tutti i rilievi del caso per cercare di dare un volto all’assassino. Purtroppo, al momento non vi sarebbero testimoni. Marcelli di Numana è infatti una piccola località balneare e nella zona vi sono per lo più appartamenti utilizzati solo nel periodo estivo.

http://www.repubblica.it/cronaca/2013/04/08/news/ancona_giovane_romena_uccisa_in_casa-56177813/?ref=HREC2-8

Giovane prostituta uccisa in casa
Il corpo presentava varie ferite da arma da taglio. Sono intervenuti i Carabinieri

L’esterno dell’abitazione dove una donna romena Adriana Mihaela Simion, 26 anni, e’ stata trovata morta, uccisa a coltellate

NUMANA (ANCONA) – Una donna romena di 26 anni, Adriana Mihaela Simion, che riceveva clienti in casa come prostituta, è stata trovata morta la notte scorsa a Marcelli di Numana. Il corpo presentava varie ferite da arma da taglio. Sono intervenuti i carabinieri.

Il delitto è avvenuta in un appartamento di via Fermo 10/b. La ragazza non rispondeva da qualche ora, e preoccupati, il fidanzato, un’amica e il fidanzato di quest’ultima sono andati a controllare cosa fosse successo, scoprendo il corpo senza vita di Adriana Mihaela. I sospetti degli investigatori si concentrano sul mondo dei clienti che la donna contattava sia con annunci sui quotidiani locali (l’ultimo pubblicato domenica scorsa) sia su internet. Il medico legale ha riscontrato varie ferite inferte verosimilmente con un coltello, in particolare al basso ventre e alla spalla della vittima, che dovrebbe essersi difesa dal suo aggressore. La romena si era rifugiata sotto il letto, semi vestita. Le indagini sono condotte dai carabinieri del reparto operativo di Ancona, dai Cc di Numana e dal Ris, che in giornata farà alcuni rilievi nel luogo del delitto. A coordinare l’inchiesta è il sostituto procuratore della Repubblica, Irene Bilotta. Il corpo della giovane è stato trasportato nell’obitorio dell’ospedale di Torrette ad Ancona.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/04/08/Giovane-prostituta-uccisa-casa_8515949.html

Omicidio della squillo a Numana
Sotto torchio un uomo di Loreto
Interrogato a lungo in caserma da carabinieri e Pm Irene Bilotta. Molte le contraddizioni, nella notte potrebbe scattare il fermo

NUMANA – Potrebbero essere a una svolta le indagini sull’omicidio di Adriana Mihaela Simion, escort romena di 26 anni, trovata cadavere la notte del 7 aprile scorso in un appartamento a Marcelli di Numana. Un uomo, un quarantenne di Loreto, da ore è sotto torchio in caserma, ad Ancona. Nella notte per lui potrebbe scattare il fermo.
I carabinieri del Reparto operativo hanno sentito anche un altro sospettato. Entrambi sono italiani. E se uno sarebbe poco convincente, l’altro durante l’interrogatorio sarebbe caduto in evidenti contraddizioni.

In particolare i sospetti si concentrano su un uomo – sulla quarantina, di Loreto, che per ora è stato sentito da carabinieri e sostenuto procuratore Irene Bilotta. Sarebbe stato tra gli ultimi clienti, se non l’ultimo, ricevuti dalla escort prima di essere uccisa. Non sono esclusi nelle prossime ore provvedimenti di fermo.

La giovane squillo era stata picchiata e trafitta con una trentina di coltellate in casa, lo stesso appartamento in cui si prostituiva. Era morta sotto il letto disfatto dove aveva cercato riparo. A scoprire il corpo, a notte fonda, il fidanzato, un’amica e il fidanzato di questa, tre giovani romeni accorsi nelle Marche da Martinsicuro visto che Adriana non rispondeva più da ore al telefonino. Numerose le ferite sul corpo della vittima, inferte soprattutto al ventre, allo stomaco e a una spalla. L’autopsia ha evidenziato almeno 30 coltellate, e tagli sulle mani, probabilmente da difesa.

http://www.corriereadriatico.it/articolo.php?id=301896

Imprenditore di 34 anni accusato
del delitto della squillo a Numana

ANCONA – Un uomo di 34 anni, Carlo Orlandoni, un imprenditore di Loreto ma residente a Castelfidardo, è stato fermato dai carabinieri di Ancona perché sospettato di essere il killer che la notte tra il 7 e l’8 aprile scorsi ha ucciso la squillo romena Adriana Mihaela Simion, 26 anni, colpendola con una trentina di coltellate.
Su Facebook un tenero amante degli animali, che posta foto di gattini e cagnolini, per gli inquirenti un feroce assassino, che avrebbe ucciso con 30 coltellate una prostituta romena di 26 anni, Adriana Mihaela Simion, in casa della donna a Numana. Un killer – presunto, perchè lui fa delle ammissioni ma nega il delitto – double face, insomma, l’uomo fermato dai Carabinieri: Carlo Orlandoni, 34 anni, originario di Loreto ma residente a Castelfidardo, piccolo imprenditore a capo di una solida ditta – la Oc – che produce stampi d’acciaio per componenti plastici anche per note aziende automolistiche, celibe, dall’aspetto innocuo, che vive con la madre e il padre, ha anche un fratello a cui è legato. Il padre è molto conosciuto a Recanati, dove ha un negozio di alimentari in un vicolo del centro.

Banale e tragico il movente: Orlandoni, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe ucciso la squillo al culmine di una furiosa lite per questioni di denaro. L’uomo avrebbe conosciuto la vittima la mattina stessa dell’omicidio – avvenuto forse nel primo pomeriggio del 7 aprile scorso – chiamandola al numero da lei inserito in un annuncio. Si è recato a casa della donna con il suo suv Range Rover e dopo aver avuto un rapporto sessuale sarebbe andato in giro con lei per delle commissioni. Tornati a casa, i due avrebbero litigato: la donna avrebbe chiesto del denaro extra per il tempo in più che gli aveva dedicato e “sequestrato” il borsello con tutti i documenti perché, nel frattempo, lui andasse a ritirare altro contante al bancomat.

Destino ha voluto che Orlandoni, per qualche ragione, non è riuscito a prelevare i soldi. Al suo ritorno, a mani vuote, di nuovo è scoppiata una lite: l’imprenditore avrebbe colpito la donna a pugni trafiggendola poi con 30 fendenti al torace e all’addome. Lui ha ammesso soltanto di aver avuto una colluttazione con la ragazza e di aver gettato via un piccolo coltello, un temperino, compatibile con le ferite inferte, ma non ha confessato il delitto. L’arma non è stata ancora trovata.

Un racconto confuso, il suo, che però lo pone sul luogo del delitto. Gli inquirenti sono convinti che ci siano gravi indizi a carico del fermato, peraltro già sentito più volte dai carabinieri. Il più pesante è la presenza di due suoi profili genetici sui vestiti della vittima. La città dove risiede, la “patria” delle fisarmoniche, è sotto choc. Orlandoni è considerato un buono, un generoso e un capace imprenditore.

Cade dalle nuvole anche il suo avvocato, Giovannino Tringali, che conosce bene lui e la famiglia e si prepara a dare battaglia: “La prova certa non ce l’hanno. Mi dovranno spiegare, ad esempio, come abbia fatto a non sporcarsi di sangue: sui vestiti che ha consegnato e sull’auto non ci sono tracce”. La difesa dovrà invece provare che quel ragazzone appassionato di auto, di moto e di Rihanna, e che su Fb condivide immagini di teneri cuccioli, non è un brutale killer.

http://www.corriereadriatico.it/articolo.php?id=302061

L’omicida ha lasciato il suo sangue
sui vestiti della squillo uccisa
Sul giovane arrestato pesano le tracce del Dna isolate dagli investigatori. Dopo sesso e shopping insieme lei voleva altri soldi. Il giudice ha 48 ore per convalidare il fermo

ANCONA – Convalida del fermo e applicazione di una misura di custodia in carcere per Carlo Orlandoni, 34 anni, l’imprenditore di Castelfidardo sospettato di aver assassinato il 7 aprile scorso a Marcelli di Numana la squillo romena Adriana Mihaela Simion, 26 anni.
Lo ha chiesto oggi al gip il pm Irene Bilotta Bilotta dopo il fermo eseguito nella nottata di ieri dai carabinieri del Reparto operativo di Ancona. Ora il giudice avrà 48 ore di tempo per fissare l’udienza di convalida e poi decidere sul provvedimento da adottare. Gli inquirenti hanno ritenuto necessario adottare per Orlandoni il fermo, previsto in caso di pericolo di fuga, per una serie di gravi indizi contro di lui (presenza di due profili genetici sugli indumenti della vittima) e dopo le sue parziali ammissioni (ha litigato con la Simion e ha gettato un coltello mentre se ne andava) senza però una piena confessione.

Sono la firma di Carlo Orlandoni le tracce di Dna su due vestiti della squillo uccisa a Marcelli. Quello è il profilo genetico del killer per gli inquirenti, che hanno fermato il 34 enne di Castelfidardo.

E’ in carcere il titolare della ditta che fa stampi per marchi automobilistici di prestigio nella zona industriale Squartabue di Recanati. La sua immagine di bravo ragazzo, con Suv e fama di astro nascente dell’imprenditoria, è offuscata dal sospetto che sia lui il feroce omicida di Adriana Mihaela Simion, prostituta di 26 anni trafitta da trenta coltellate in una garconniere della riviera. I carabinieri del reparto operativo guidati dal colonnello Luciano Riccardi e coordinati dal Pm Irene Bilotta sono convinti che l’ha uccisa in un lampo d’ira acceso da una lite dopo l’incontro hard. Il guizzo del Ris che ha isolato i reperti biologici, e della medicina legale che li ha incrociati con quello di Orlandoni, è la chiave del giallo. Il giovane ha ammesso di aver avuto un litigio con Adriana, di averla colpita ma non ammazzata. Gli inquirenti non ci credono, per loro il massacro è opera sua.
La cronaca dell’omicidio. Sono le 8 del 7 aprile, domenica mattina. Carlo controlla i macchinari dell’azienda. E’ tutto a posto. Fa il numero di Adriana, fissa un appuntamento al civico 10/b di via Fermo, a Marcelli. Nella casa squillo consuma il rapporto sessuale, e si intrattiene con la prostituta biondo platino. Escono di casa, la accompagna a fare la spesa da Acqua e Sapone. Vanno con il fuoristrada di Carlo, particolare importante perché non sfugge la macchina allo sguardo dei futuri testimoni. Poi tornano e al momento di salutarsi a lei non bastano i 100 euro previsti per la prestazione a luci rosse. Vuole di più, il tempo trascorso con lui avrebbe potuto impiegarlo per ricevere altri clienti che affollano la sua agenda di escort. Lei lo mette alle strette, lui non ha banconote, Adriana lo manda a prelevare contanti trattenendo con sé il marsupio con i documenti.
Carlo va, ma torna a mani vuote, la disponibilità del bancomat è terminata. Ha spremuto il conto in banca il sabato sera con cena e movida. Nasce un battibecco, lei non vuole restituirgli le sue cose. Volano colpi. Lui alza le mani poi – secondo la ricostruzione degli investigatori mentre l’imprenditore dice di non ricordare il passaggio successivo negando l’omicidio – Carlo la colpisce con un coltello scaricandole addosso decine di fendenti. Perché? I due si frequentano da tempo. La paga anche per farsi vedere in giro con una bella ragazza, non ha molto successo con le donne. Lei gli piace. Magari Adriana lo ferisce nell’orgoglio, una battuta di scherno, forse gli fa capire di non provare niente per lui che invece è invaghito.
Forse ha voluto lavare col sangue un affronto ai sentimenti. E’ il primo pomeriggio, attorno alle 14. Esce di casa, si mette al volante del Range Rover Evoque giallo oro, e disegna un lungo tragitto senza meta. In quel peregrinare a caso getta il coltello, l’arma del delitto per i carabinieri.
Nel trilocale Adriana giace in un lago di sangue. Un’amica romena la chiama verso le 15, lei non può rispondere. Le telefonate si susseguono, squilli e silenzio. Decide di salire a Marcelli da Martinsicuro con altri due connazionali, uno è il fidanzato della prostituta. Forzano l’ingresso della villetta, nessuna traccia di lei. La cercano digitando i diversi numeri di telefono, i cellulari sul letto e sul tavolino suonano a vuoto. Non c’è la luce, nessuno si accorge del cadavere. Finché l’amica, che ha freddo, sale in camera per prendere un maglione dall’armadio. Incrocia la sagoma di Adriana sotto il letto, con il corpo massacrato. Grida di aiuto e telefonata ai carabinieri. Sono le tre di lunedì mattina. Iniziano le indagini, dureranno tre mesi. Esclusa la rapina, in casa non manca niente: soldi, cellulari e computer portatile. I carabinieri mettono insieme una gran quantità di informazioni attraverso tabulati telefonici e soprattutto interrogatori. Riannodano i fili dei contatti di Adriana con 350 persone. Acquirenti di sesso ma non solo: l’idraulico per riparare il rubinetto, la ferramenta per la lampadina da sostituire. E quando i racconti scoprono il fianco a incongruenze e stranezze, tornano a torchiare. C’è una rosa di sospettati. Anche Carlo viene sentito a più riprese. Poi come ogni giallo di ultima generazione che si rispetti, la svolta arriva dal Dna: le tracce genetiche di Orlandoni su due vestiti di Adriana: il sangue di Carlo che si è ferito nella colluttazione. E’ l’autografo del killer.

http://www.corriereadriatico.it/articolo.php?id=302493

Lei era una escort lui voleva altro
Ora Orlandoni rischia l’ergastolo
La Procura gli contesta l’aggravante dell’arma. Lui dal carcere si difende: “Abbiamo litigato ma non posso averla uccisa”

ANCONA – Adriana era una escort, non la sua migliore amica. Voleva i suoi soldi, non il suo affetto. Quando Carlo ha visto spegnersi la fiamma dei sentimenti che sentiva ardere, s’è accesa la scintilla di follia che ha trasformato l’imprenditore buono in feroce assassino.
E rischia l’ergastolo, perché la Procura gli contesta anche l’aggravante dell’arma, il coltello servito per il massacro. Carlo Orlandoni era predestinato alla doppia immagine anche prima che entrasse in cella. Fuori industriale di successo sull’onda di un’azienda che lavora per marchi automobilistici di prestigio, dentro uomo con complessi d’inferiorità e impacciato con le donne. Con Adriana si sentiva più sicuro, ci teneva alla relazione con la fascinosa squillo venuta dalla Romania. Non sarà stata una love story, ma gli piaceva farsi vedere in giro con un’icona di femminilità. Pagava per apparire al suo fianco.

Le tracce di sangue di Orlandoni sui vestiti di Adriana hanno offerto la chiave del giallo agli inquirenti. Ma gli investigatori hanno trovato anche altre orme tra le pieghe della lite che ha provocato l’omicidio: i segni di un rapporto morboso di Carlo con la prostituta. Può darsi che la furia assassina sia scattata proprio dal crollo dell’unica certezza a cui si aggrappava. Forse era l’ancora per non affogare nel mare della solitudine.
Adriana quella domenica mattina 7 aprile deve avergli sibilato parole che Carlo non ha accettato, una frase di scherno che s’è infilata come una freccia avvelenata nei suoi sentimenti di amico e nell’orgoglio di uomo. Non accettava l’idea di essere per la giovane procace solo il riccone a cui spillare più denaro possibile, l’angelo biondo era ormai solo il demone da togliere di mezzo. A colpi di coltello, almeno trenta.

Il giorno dell’omicidio, dopo aver consumato il rapporto a luci rosse nel villino di Marcelli, per due ore sono rimasti fuori casa. Hanno anche fatto tappa al supermercato. Poi al ritorno nell’appartamento l’ultimo capitolo della loro relazione, e della vita di Adriana. Lei voleva che le pagasse il tempo passato insieme, in quel caso era stata la squillo a chiedergli di accompagnarla, in genere era lui a sborsare banconote per gli extra: andare al ristorante o a fare shopping.

La pretesa di soldi ha fatto andare su tutte le furie Carlo. “Ma come, siamo intimi ormai”. Lei deve aver ribattuto prendendo seccamente le distanze da lui e dai suoi palpiti emotivi. Lo scambio di battute gli ha tolto il lume della ragione. E ha menato fendenti sotto la spinta di un ratpus omicida. Una ricostruzione possibile per l’accusa. I carabinieri, mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle investigativo, hanno tratteggiato il profilo psicologico debole di Carlo che potrebbe aver portato alla furia assassina, il litigio può aver fatto da miccia per l’esplosione del senso d’inferiorità che si porta dietro come la sua ombra. Quando è arrivata la dritta decisiva dal sancta sanctorum delle investigazioni scientifiche e le tracce di sangue dell’imprenditore sono state scovate da Ris e medici legali su due abiti della escort, non è stato un fulmine a ciel sereno per gli inquirenti.
Era stato sentito più volte Carlo Orlandoni. E le sue dichiarazioni non hanno mai convinto del tutto i carabinieri del reparto operativo agli ordini del colonnello Luciano Ricciardi, che hanno sacrificato riposi e ferie in tre mesi di indagini senza fiato per dare un nome al killer di Adriana. L’imprenditore ha fornito versioni discordanti, come se dovesse stare attento a nascondere qualcosa. Come se non volesse raccontare tutto di sé e di quello che è accaduto. La svolta del Dna ha dato l’indizio decisivo. Il sangue di Carlo era sugli indumenti di Adriana: nel tentativo di difendersi durante la colluttazione, lei deve avergli procurato ferite.

Lui dal carcere, dove è rinchiuso dalla notte tra lunedì e martedì dopo le parziali ammissioni ai carabinieri e al Pm Irene Bilotta, continua a professarsi innocente. “Giuro che non sono stato io, non posso averla uccisa”, ripeteva anche ieri mattina all’avvocato Giovannino Tringali che è andato a fargli visita. “Adesso che succede alla ditta?”. Poi sulla possibile prova schiacciante contro di lui: “Il mio sangue sui vestiti? Ma se non no ho nemmeno un graffio”. Carlo è stordito, ha una gran confusione in testa. Non sa dire che fine abbiano fatto le chiavi del villino di Marcelli, e il coltello. Non si arrende il suo legale. “Vorrei sapere con precisione l’ora della morte. Carlo nel primo pomeriggio era a casa sua. A Marcelli potrebbe essere entrato anche qualcun altro”.

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Delitto della squillo, Orlandoni dal Gip
Gli indizi a carico dell’imprenditore

ANCONA – Nel peggior compleanno che si possa augurare – in carcere con accuse da potenziale ergastolano – oggi Carlo Orlandoni anziché spegnere 34 candeline proverà a convincere un giudice che non merita di starsene in cella con l’accusa di aver assassinato una escort.
A meno che non decida di starsene in silenzio, l’imprenditore di Castelfidardo dovrà mettere ordine nei suoi ricordi confusi e rendere credibile un racconto ai confini dell’inverosimile. Ammette, il giovane fermato lunedì come indiziato dell’omicidio, di aver avuto uno scontro fisico con Adriana Simion, squillo romena di 26 anni, ma non di averla uccisa. Arriva a confessare di averla presa per i capelli, litigando per una richiesta di soldi extra, si spinge a riconoscere che l’ha strattonata per riprendere le sue cose, un marsupio che la escort tratteneva come pegno in attesa di altri soldi. Ma poi sulla scena – lo colloca lui stesso – compare un coltellino svizzero, il gadget di un fornitore che Orlandoni teneva appeso al portachiavi e che poi avrebbe gettato in un campo agli Svarchi insieme alle chiavi dell’appartamento di Adriana. Con quella lama corta e appuntita, secondo il pm Irene Bilotta, l’imprenditore fidardense avrebbe massacrato con 30 colpi la povera Adriana. Sul punto il racconto dell’indagato è confuso, ma propone una versione molto soft.

Orlandoni racconta che anche il coltellino multiuso, insieme al marsupio, era stato trattenuto da Adriana in attesa di altri soldi. E quando lui si è fatto avanti per riprendere i suoi oggetti, sarebbe stata la squillo a puntargli contro la lama. “Io le ho tolto il coltello e lei si è appena graffiata, ma non le ho dato altri colpi, non sono stato io a ucciderla”, è in sostanza il racconto del giovane imprenditore, che stamattina alle 9 e 45, nel carcere di Montacuto, è atteso dall’udienza di convalida del fermo davanti al Gip Cimini.

Contro di lui, oltre alle sue dichiarazioni che ammettono una lite scoppiata nella garconniere proprio la mattina del 7 aprile, giorno della morte di Adriana, ci sono due tracce di sostanza organica con il suo Dna (probabilmente sangue) rilevate sugli abiti della squillo uccisa. Per ritenere credibile il suo racconto bisognerebbe prendere in considerazione uno scenario fantasioso da film giallo. Orlandoni litiga con la escort, la lascia che ha appena un graffio ed esce dall’appartamentino portandosi dietro la chiave, fa qualche chilometro e si libera del coltellino e del mazzo di chiavi di Adriana.

Un fantomatico terzo uomo approfitta della situazione, irrompe sulla scena di via Fermo e inizia ad accoltellare Adriana con una furia cieca. “In quell’appartamento giravano oltre 160 clienti – ricorda l’avvocato Giovannino Tringali -, quindi non me la sento di escludere nulla. Sui vestiti del mio assistito e nella sua auto non sono state trovate tracce di sangue. E il coltello ancora non si trova”.

Ma intanto continuano gli esami sugli abiti dell’indagato e sul Suv sotto sequestro, un Range Rover Evoque di color giallo oro. I carabinieri del Reparto operativo, guidati dal colonnello Luciano Ricciardi e dal capitano Pierluigi Capparè, hanno chiesto l’assistenza di un esperto della casa automobilistica per ricostruire, attraverso i dati del navigatori, l’esatto percorso dell’auto nel giorno del delitto. I tempi descritti dall’indagato non tornavano ed è questo che ha insospettito gli investigatori. Orlandoni, l’ultimo cliente ricevuto da Adriana prima di morire, era stato sentito più volte dall’8 aprile. Poi l’inchiesta aveva imboccato altre vie, verso la Romania, ma lunedì, all’ultimo interrogatorio, il giovane ha fatto una mezza confessione.

http://www.corriereadriatico.it/ancona/delitto_della_squillo_orlandoni_dal_gip_gli_indizi_a_carico_dellimprenditore/notizie/303375.shtml

L’insospettabile ben voluto
e che posta su Fb foto di gattini

CASTELFIDARDO – Un insospettabile. Il classico bonaccione dalla stazza robusta e lo sguardo innocuo, impeccabile sul lavoro e ben voluto da tutti.
Un giovane dall’animo sensibile che su Facebook postava immagini tenerissime di gattini e cuccioli di cane, si commuoveva davanti alla foto dei coniugi di Civitanova vittime sucide della crisi, spendeva parole affettuose per sostenere la battaglia della piccola Sofia, la bimba di tre anni e mezzo in lotta contro una rara malattia a cui erano state sospese le cure staminali. Ma anche un ragazzo di 34 anni troppo timido e impacciato per riuscire a tessere una relazione stabile. Logorato da un senso di solitudine e inadeguatezza che confidava solo agli affetti più sinceri, attorno al quale aveva eretto un muro di sorrisi, battute ironiche, istantanee felici. Un baluardo dietro cui celava l’altra faccia di una personalità a tratti tormentata e complessa. Fatta anche di momenti di sconforto, equilibri familiari, responsabilità sul lavoro, aspettative da non deludere e quelle carezze clandestine cercate di nascosto fra gli annunci del sesso a pagamento.
Luci e ombre sull’imprenditore fidardense Carlo Orlandoni, ritenuto dagli inquirenti il presunto omicida di Adriana Mihaela Simion, la squillo romena uccisa con 30 coltellate il pomeriggio del 7 aprile nella villetta di via Fermo a Marcelli di Numana. Un fulmine a ciel sereno pervaso da un senso di incredulità che ha scosso le comunità di Castelfidardo e Recanati dove la famiglia è molto conosciuta. Il 34enne, nato a Loreto il 12 luglio del ‘79 ma residente con i genitori in una villetta al civico 16 di via Toscanini, è infatti a capo di una azienda nata appena nel 2009 e subito affermatasi fra le più solide realtà locali nella progettazione e costruzione di stampi per materie plastiche e pressofusione. Forte di tecnologie all’avanguardia e un parco clienti che vanta grandi marchi del settore automobilistico e dei giocattoli, la O.C. Stampi srl dà oggi lavoro a circa 13 operai nella sede di via Soprani, zona industriale Squartabue di Recanati. Città dove il fidardense, che ha un fratello di 39 anni, ha frequentato le scuole superiori diplomandosi all’Itis Enrico Meucci e dove i genitori Gabriele e Paola Mironi, già titolari della storica bottega Da Mimmo, chiusa anni fa all’angolo con via Pergolesi alle Fornaci, gestivano sino ai mesi scorsi la macelleria di vicolo Alemanni, a due passi dalla statua di Leopardi. “Buono come il pane” e “assolutamente incapace di far del male a una mosca – lo descrive un caro amico -. Non era lui quel giorno, ne sono più che certo”.

http://www.corriereadriatico.it/ancona/linsospettabile_ben_voluto_e_che_posta_su_fb_foto_di_gattini/appr/68760.shtml

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